Per le banche italiane si prepara una tempesta perfetta. Chi si sente già bastonato dalla crisi economica dovrebbe valutare l’ipotesi che il peggio debba ancora venire. Qui non si tratta di fare catastrofismo a buon mercato, ma di indicare al governo e alle istituzioni, compresi il Quirinale e la stessa Banca d’Italia, l’urgenza di affrontare la situazione con serietà anziché con infantili polemiche via Twitter a base di “chi lo dice lo è” e “ci hai creduto faccia di velluto”.
Due giorni fa il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha detto una cosa che merita di essere letta nella sua allarmante testualità: “Oggi, con il beneficio della retrospettiva storica, i costi economici e sociali di fenomeni di instabilità finanziaria sistemica sono divenuti a tutti evidenti e portano a considerare sotto una luce diversa l’opportunità di interventi pubblici non solo per le banche illiquide ma solvibili, ma anche nei casi potenzialmente in grado di pregiudicare il funzionamento del sistema finanziario nel suo complesso”. Ci ha detto che l’intervento statale per salvare la Carige è solo il primo.
A proposito di prospettiva storica: dal 2015 al 2017 si sono avuti una serie di “casi isolati” come amano definirli le autorità di vigilanza distratte, che hanno visto cadere come birilli Banca Marche, Banca Etruria, Cassa di Ferrara, Carichieti, Monte dei Paschi, Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Adesso si ricomincia, con l’aggravante della recessione e del peso dello spread sul patrimonio degli istituti.
Dopo Carige, le cronache riferiscono che la Popolare di Bari sarebbe in marcia verso il pronto soccorso. I medici della Bce dicono che i miliardi pubblici iniettati dal governo Gentiloni in Mps sono già finiti nello scarico del lavandino. Un banchiere del calibro di Corrado Passera dichiara in un’intervista che le banche medio-grandi devono fondersi tra loro per sopravvivere, e sembra riferirsi a Mps, Ubi, Banco Bpm e Bper.
Nel frattempo la Consob sta consultando le banche su un quesito drammatico. Quando arrivano le verifiche della Bce sulla solidità degli istituti (in sigla Srep) che cosa devono comunicare le banche al mercato? Tutta la verità, in nome della trasparenza, con il rischio di sfiduciare i clienti e far crollare la banca? O qualcosa sì e qualcosa no per salvare la baracca, con il rischio di ingannare il mercato? Sul punto si possono avere opinioni diverse, ma la notizia è che di questo si sta discutendo.
Dice Visco che la vigilanza “riduce la probabilità che si verifichino episodi di dissesto, ma non può annullarla”. Infatti il governatore ha spesso denunciato casi di mala gestio, cioè di banchieri furbi e ispettori fessi. Per questo una direttiva europea del 2013 (in sigla Crd IV) ha fissato regole più stringenti sui requisiti di onorabilità e correttezza dei banchieri. La Crd IV è stata recepita dopo due anni, nel maggio 2015, e il ministro Pier Carlo Padoan ha impiegato altri due anni per scrivere il decreto attuativo, pronto dal 22 settembre 2017. Ma da quel giorno al 1 giugno successivo, quando ha passato le consegne a Giovanni Tria, Padoan non ha trovato il tempo di emanarlo. E neppure Tria, in sette mesi, ha avuto trenta secondi liberi per firmare il decreto. Il governo del cambiamento non ha cambiato lo scandaloso andazzo. Da quasi sei anni i banchieri fanno marameo al giro di vite dell’Europa. E il vertice dell’Ubi, in testa il presidente Andrea Moltrasio e l’ad Victor Massiah, continua a gestire la banca pur essendo sotto processo per “influenza illecita sulle decisioni dell’assemblea” nella quale furono eletti al vertice nel 2013. Poi, quando scoppieranno i bubboni, lorsignori ci diranno: “Ma chi poteva immaginare?”.