Il giudizio è severo e risale al 16 dicembre scorso. Dagli uffici di vertice del ministero dell’Economia i tecnici stilarono una bocciatura pesante delle misure a favore dei cosiddetti “truffati” delle banche poi confluite nella manovra, sollevando il rischio di incorrere in una bocciatura della Commissione Ue per aiuti di Stato. Una beffa che avrebbe del clamoroso.
La vicenda riguarda i 300mila piccoli investitori coinvolti nel crac delle banche (da Etruria & C. alle due popolari venete). In manovra il governo ha stanziato 525 milioni l’anno fino al 2021 per indennizzarli: potranno accedervi ex azionisti e detentori di bond subordinati (per i primi il rimborso è al 30%, per i secondi al 95%, entro i 100 mila euro). Problema: nella prima versione del provvedimento, approvata alla Camera, era previsto l’obbligo di dimostrare di essere stati spinti ad acquistare i titoli dalle banche in violazione delle norme a tutela dei risparmiatori con una sentenza favorevole del tribunale o dell’Arbitro finanziario Consob (Acf).
Al termine di un lungo negoziato tra le associazioni dei risparmiatori – spaventate dal rischio che la trafila burocratica avrebbe precluso a molti l’indennizzo – e i due alleati di governo, in persona dei due sottosegretari Alessio Villarosa (M5S) e Massimo Bitonci (Lega), la norma è stata modificata. Si è deciso di concedere il rimborso in maniera generalizzata in virtù di “violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza” (misselling) indicati dal Testo unico della finanza. Il “misselling”, insomma, non verrà più verificato caso per caso e riguarderà anche chi ha acquistato i titoli non direttamente dalle banche. All’indennizzo potranno accedere poi anche Onlus e microimprese.
La modifica viene decisa il 15 dicembre e confluisce in un emendamento dei 5Stelle, poi ripreso nel maxiemendamento al Senato. Il 16 dicembre, però, arrivano i rilievi del Tesoro. Il documento, visionato dal Fatto, viene inviato all’Ufficio legislativo del ministero dall’Ufficio di coordinamento del Tesoro (Ucadt), struttura di supporto del direttore generale Alessandro Rivera, l’uomo che per il governo gestisce i rapporti con Bruxelles, specie per le materie bancarie. Il testo boccia le due modifiche. “L’eliminazione della condizione dell’accertamento e del relativo danno e la conseguente automatica corresponsione dell’indennizzo, in ragione di criteri vaghissimi e non qualificanti – scrivono i tecnici di Rivera – non possono essere considerati compatibili con i limiti imposti dall’Ue”. Anche perché, annotano, l’indennizzo riguarderebbe soprattutto gli azionisti che, a differenza degli obbligazionisti, “posseggono strumenti di capitale di rischio e non di debito”. Anche l’eliminazione del vincolo di aver acquistato i titoli direttamente dalle banche e l’apertura ai rimborsi a Onlus e microimprese viene dipinto come foriero “con ogni probabilità di arrivare all’apertura di una procedura di infrazione Ue”. I tecnici spiegano che la prima versione del testo aveva avuto il via libera di Bruxelles e avvisano che ora servirà un nuovo passaggio. E nell’attesa dubitano che “si possa procedere a dare applicazione alla norma”, cioè a versare i rimborsi, per il rischio “di imputazione di danno erariale”.
Come è possibile che il Tesoro abbia dato allora lo stesso il via libera? Dal ministero spiegano che i rilievi dei tecnici sono stati superati “dalla decisione politica di Lega e M5S di varare la norma”, ma che, “al momento, non ci sono rilievi di Bruxelles”. “Avevamo segnalato il rischio da tempo, ora ci sono rischi concreti che i fondi vengano congelati – attacca l’ex senatore Andrea Augello (Fdi) – È urgente che il governo intervenga già nel decreto Carige. Ma, nel caso Bruxelles contesti le norme sarà impossibile che a dialogarci sia un dg che ha già dichiarato la legge meritevole di sanzione. C’è un limite al ridicolo”.