L’ultima bravata di Vittorio Feltri l’abbiamo pagata tutti noi. Quel “Comandano i terroni” che campeggiava sulla prima pagina di Libero costa ai contribuenti italiani 3,5 milioni di euro. È il contributo pubblico che la testata di proprietà degli Angelucci ha incamerato nell’ultimo bilancio. Come avviene da anni.
Nel 2016 i soldi dello Stato a Libero sono ammontati a 3,7 milioni e se sommiamo gli ultimi 4 anni ecco che gli italiani hanno sovvenzionato il giornale diretto da Feltri con 13,7 milioni. Senza quei soldi, Libero forse non esisterebbe dato che negli anni ha chiuso con perdite medie di circa 1 milione. Diverrebbero 4 milioni di rosso all’anno senza la stampella pubblica, costringendo la famiglia Angelucci o a chiudere il giornale o a ricapitalizzarlo, come avvenuto nel 2014 quando la famiglia romana è entrata nel capitale del giornale sborsando 4 milioni per il 40% delle quote. L’altro 60% è di fatto loro, schermato dalla Fondazione San Raffaele (sempre degli Angelucci). La Fondazione è il grimaldello che consente da più di un decennio l’accesso ai soldi pubblici. Nella sua scomposta battaglia – oggi ci sono i terroni, ieri c’erano “africani”, pacifesse e la “patata bollente” della Raggi – Feltri non bada al buon gusto. Titoli urlati, sguaiati (“Renzi e Boschi non scopano”). È la libertà di stampa, replicano Feltri e i suoi redattori. Nel caso di Libero, sono però tutti gli italiani a pagare questa possibilità. Quegli oltre 3 milioni che il giornale incamera paga tre volte i costi della diffusione nelle edicole. Oggi Libero vende poco più di 25 mila copie, la metà di quanto vendeva qualche anno fa. I ricavi (quelli di mercato) sono di 9,5 milioni dalla vendita delle copie più altri 4 dalla pubblicità. Fattura solo 13,5 milioni. Ne fatturava 22 nel 2012 e solo dal 2016 al 2017 ha perso il 20% dei ricavi totali.
Feltri pensa con il suo (cattivo) stile di solleticare qualche lettore in più, arrestando il declino della sua creatura. Che ha subito l’attacco del suo amico-nemico storico, quel Maurizio Belpietro che con La Verità gli ha sottratto una parte del suo antico lettorato. Le copie sono più o meno al livello del 2017 quando il suo giornale finì per perdere un quinto dei suoi acquirenti rispetto al 2016. E il fatturato è crollato tra il 2016 e il 2017 da 16,3 a 13,5 milioni. Ora gli Angelucci vogliono comprare la Gazzetta del Mezzogiorno. Chissà che Feltri non si ritrovi i “terroni” in redazione a comandare.