Bonifici non pervenuti, pagamenti sospetti, contratti interrotti. In Serie C c’è una squadra che non si presenta in campo da un mese e rischia la radiazione. Ma dietro al disastro sportivo del Pro Piacenza ci sono una serie di ombre che dal campo si allungano al bilancio della società del patron Maurizio Pannella, presidente della Sèleco, marca di televisori già vista l’anno scorso come sponsor sulle maglie della Lazio di Claudio Lotito.
L’incubo del Pro Piacenza, seconda squadra del capoluogo emiliano, inizia quest’estate, quando il club, in buona salute, passa di mano. Pannella si presenta con grandi promesse, ma c’è un problema: la sua azienda è in crisi. Già a ottobre chiede il concordato preventivo, concesso a novembre. Viene da chiedersi perché una compagnia si imbarchi in un’avventura calcistica quando sa di essere in difficoltà: nella migliore delle ipotesi si tratta di un errore di valutazione. Ma non è l’unica cosa strana successa a Piacenza negli ultimi mesi.
È tutto nero su bianco in un esposto presentato in procura da Massimo Londrosi, ex direttore generale che ha documentato quanto accadeva in società. A partire dagli stipendi, che la nuova gestione ha pagato solo in parte, tanto che a lungo andare i giocatori sono entrati in sciopero e hanno ottenuto lo svincolo (ne sono rimasti una manciata in rosa). La proprietà, però, ha fatto di tutto per evitarlo: persino esibire le distinte di due presunti bonifici da 130 mila euro totali, della Sèleco, che non sono arrivati sul conto del club entro la scadenza; nell’esposto si mette in dubbio la veridicità dei documenti, “evidentemente artefatti”.
I soldi promessi non si sono visti. In compenso negli stessi giorni altri importi uscivano dalle casse. Il 26 ottobre, ad esempio, viene pagata una fattura di 3.600 euro allo studio notarile Paolo Farinaro per “il concordato del 22 ottobre”: il Pro Piacenza non ne ha mai chiesto uno, la data invece è la stessa della procedura fatta dalla Sèleco, liquidata però con i fondi della squadra. Ancora più misterioso il pagamento di 5 mila euro a tal Ciro Didone, nome sconosciuto ai dirigenti rossoneri ma noto alle cronache: nel 2004 lo si ritrova coinvolto in un’indagine della Guardia di finanza su un traffico di telefoni e televisori (conclusa con un patteggiamento a 3 anni e mezzo); più di recente risulta essere stato socio proprio di Pannella in una compagnia registrata in Inghilterra e sciolta nel 2014 (la Onemappy Trade Ltd).
Non si sa perché o con quali soldi il Pro Piacenza dovesse pagarlo. Dalla Sèleco, che avrebbe dovuto portare in dote 300 mila euro di sponsor, risultavano saldate appena due fatture da 10 mila euro. E proprio nel momento di bisogno sono state inspiegabilmente risolte altre due sponsorizzazioni (Business partner e Unet Energia italiana) da 120 e 200 mila euro. Invece sono stati utilizzati i contributi della Lega Pro e forse persino del Comune di Piacenza: per ristrutturare il centro sportivo, il club aveva stipulato un mutuo con il Credito sportivo, da rimborsare girando all’Istituto il contributo annuale del Comune; fino allo scorso dicembre, però, la banca lamentava il mancato versamento della cifra.
Il quadro è chiaro, anzi non lo è per nulla. L’unica cosa certa è che il Pro Piacenza pare ormai spacciato, anche se il presidente non si arrende. “Non ho mai seguito personalmente queste operazioni, sono pronto a rimettere in sesto squadra e società: abbiamo già risolto l’istanza di fallimento”, assicura Pannella. Neanche la sua Sèleco, però, se la passa bene: l’azienda ha chiuso il bilancio 2017 (bocciato dal collegio sindacale che ha riscontrato “gravi irregolarità”) con una perdita di oltre 7 milioni. Di sicuro non ha aiutato il contratto firmato con la Lazio a maggio 2017, quando la società si chiamava Twenty spa: 4 milioni a stagione, per un’azienda che a fine anno ne avrebbe fatturato appena uno e mezzo. Poteva permettersi di sponsorizzare una squadra di Serie A per una stagione, ma non è riuscita a tenerne in piedi una di Serie C per sei mesi.