Ora Matteo Salvini passa all’incasso. La strategia del Capitano sul caso Diciotti entra nella fase due. Prima ha mandato in tilt i Cinque Stelle (costretti a considerare una decisione drammatica: votare a favore dell’immunità di un ministro), adesso si appresta a massimizzare i profitti anche in piazza, convocando il suo popolo.
I salviniani doc si sono già mobilitati: questo fine settimana (domani e dopodomani) la Lega allestisce gazebo e banchetti per raccogliere firme a favore del suo “improcedibile” Capitano. Tre nomi, tre città: Fabrizio Cecchetti a Milano, Susanna Ceccardi a Firenze, Lorenzo Fontana a Verona. Il primo è il commissario cittadino del partito e vicecapogruppo alla Camera. “Milano scende in piazza con Matteo Salvini sabato 2 e domenica 3 febbraio – lo slogan di Cecchetti – In città è tutto pronto per dirlo forte e chiaro: un ministro dell’Interno che difende il proprio Paese dall’invasione di clandestini e blocca il business degli scafisti non si tocca”.
Poi è stato il turno di Ceccardi, luogotenente di Salvini in Toscana (e sua consigliera a Palazzo Chigi): “È inaccettabile ed inammissibile che s’ipotizzi un procedimento giudiziario. Invitiamo tutti i toscani a venire presso i nostri gazebo per mettere nero su bianco la loro solidarietà al nostro segretario federale”.
Infine il fraterno amico Lorenzo Fontana, ministro della Famiglia: “Il ministro Matteo Salvini ha agito nell’interesse pubblico, l’autorizzazione a procedere va negata perché ogni sua scelta è stata operata per il bene degli italiani e per la difesa dei confini” ha detto, presentando la raccolta firme a Verona (città e provincia) domani e dopodomani.
Insomma, quella che pareva una situazione delicata e psvantaggiosa per il Capitano leghista si sta trasformando in un’occasione. Ieri ha trovato l’ennesimo palcoscenico – Porta a Porta con Bruno Vespa – per raccontare ancora il suo punto di vista sui fatti di questi giorni: “È stato un atto politico (quello della Diciotti, ndr) che rifarei: ho agito da ministro, mica da milanista”. Poi è tornato a incalzare i senatori che dovranno decidere della sua sorte. E soprattutto gli alleati, sull’orlo di una crisi di nervi: “Tutti gli amici mi hanno detto che il processo sarebbe stato un’invasione di campo senza precedenti. Il Senato dovrà dire se l’ho fatto per interesse pubblico o mio capriccio personale. Chi ha letto le carte sa che è stato un atto politico. Lascio ai Cinque Stelle la loro scelta, ma penso che voteranno di conseguenza, avranno le idee chiare”.
Il gioco è sempre lo stesso: Salvini tira la corda, ma leva la mano. Dal voto in Giunta dipende la tenuta dell’alleanza, ma lui in pubblico giura di no: “Non ci sarà alcuna crisi di governo”. E così risponde pure a Silvio Berlusconi, che aveva lanciato in un’intervista a Repubblica una nuova profezia di un imminente governo di centrodestra (secondo l’ex Cavaliere “tutto precipiterà se i pentastellati voteranno per l’autorizzazione a procedere contro Salvini e a quel punto matureranno le condizioni per un nuovo gabinetto presieduto dal leader leghista”). Il Capitano nega: “Un conto sono le scelte locali, un altro le scelte nazionali: non c’è nessun sondaggio che mi possa spingere a far cadere questo governo”, Gioca sempre sul doppio tavolo: divora il resto del centrodestra e logora i Cinque Stelle. Anche quando l’indagato è lui. E a proposito di sondaggi, pure quello commissionato da Agorà a Emg Acqua, gli dà ragione: secondo il 57% degli intervistati, il ministro non dovrebbe essere processato.