C’è un colonnello che – secondo la Procura di Roma – sapeva dell’esistenza di due annotazioni modificate nella vicenda di Stefano Cucchi. Si tratta di Lorenzo Sabatino, ora comandante provinciale dei carabinieri di Messina, in passato al Nucleo Investigativo di Roma, poi al Reparto Operativo del Comando Provinciale di Roma, e ancora al Ros.
Sabatino è indagato per favoreggiamento nell’ambito di un filone d’inchiesta nato parallelamente al processo – ora in corso – sulla morte di Stefano Cucchi a carico di cinque carabinieri, di cui tre accusati del pestaggio.
Per capire la posizione di Sabatino però bisogna riprende proprio una testimonianza resa in aula ad aprile scorso. Quella dell’appuntato Francesco Di Sano. È lui che parla di alcuni verbali redatti nella stazione di Tor Sapienza, dove Cucchi passò una notte dopo l’arresto, che erano stati modificati nella parte che riguardava lo stato di salute del detenuto.
Nella prima annotazione c’è scritto: “Cucchi riferiva di avere dei dolori al costato e tremore dovuto al freddo e di non poter camminare, veniva comunque aiutato dal personale della Pmz (Pattuglie mobili di zona, ndr) Casilina a salire le scale”. In una seconda annotazione invece Cucchi riesce a camminare benissimo. È scritto: “Cucchi riferiva di essere dolorante alle ossa sia per la temperatura freddo/umida che per la rigidità della tavola del letto (priva di materasso e cuscino) ove aveva dormito per poco tempo, dolenza accusata anche per la sua accentuata magrezza”.
Le parole di Di Sano in aula creano un terremoto, alimentato dalla testimonianza del comandante della stazione di Tor Sapienza, Massimiliano Colombo Labriola che punta il dito contro i suoi superiori dell’epoca. Nasce così un filone di inchiesta sui falsi che ora conta cinque indagati, di cui due colonnelli e un generale. Si tratta di Alessandro Casarsa, fino a poco fa capo dei corazzieri al Quirinale e nel 2009 comandante del Gruppo Roma.
Colombo Labriola al pm Giovanni Musarò spiega che le annotazioni sono state inviate la mattina del 27 ottobre 2009 al tenente colonnello Francesco Cavallo (ora indagato per falsità ideologica), nel 2009 capo dell’ufficio comando del Gruppo Roma. Poco dopo però – sostiene ancora Colombo Labriola – Cavallo rinvia i due file modificati per mail. Ed è qui che si innesta un altro filone investigativo. Perché questa email – come racconta il comandante di Tor Sapienza – poteva essere nelle mani della Procura già nel 2015, quando delega il Nucleo investigativo ad acquisire di nuovo tutti gli atti nelle stazioni dove era passato Cucchi.
Nel “novembre 2015 – dice Colombo Labriola – si presentarono i carabinieri del Nucleo investigativo. (…) Mi resi conto di aver fornito le due annotazioni in entrambe le versioni (originale e modificata) (…) Mostrai l’email di Cavallo (…)”. Che però non venne acquisita.
Dopo questo verbale il pm Musarò apre un nuovo fascicolo di indagine. Ed è qui che viene iscritto Sabatino. La richiesta del 2015 dei pm di acquisire gli atti infatti viene mandata al Comando provinciale. Che delega Sabatino – in quel momento al Reparto operativo–, il quale a sua volta manda fisicamente il capitano Tiziano Testarmata. Entrambi sono ora accusati di favoreggiamento ed entrambi interrogati hanno respinto tutte le accuse.
Intanto ieri si è tenuta un’udienza del processo a carico dei cinque carabinieri. È stato sentito il maggiore Pantaleone Grimaldi, che nel 2015 era comandante della compagnia Casilina. Anche lì la Procura chiese di prendere di nuovo tutta la documentazione su Cucchi. Come il registro di fotosegnalamento. “Su un rigo – ha detto Grimaldi – un nome era stato sbianchettato e sopra era stato scritto un altro nome. Mi sembrò qualcosa in più di un’irregolarità. Quell’atto andava sequestrato. Guardando in controluce mi resi conto che cancellato si poteva leggere il nome di Cucchi. Ascoltando le mie obiezioni, Testarmata (…) mi rispose che avrebbe chiesto direttive, quindi uscì per una telefonata. Non so a chi chiese direttive, so che poco dopo tornò dicendo che la direttiva restava quella di fare una copia conforme, senza prendere l’originale”.