Facciamo finta che gli iscritti ai 5Stelle abbiano già votato pro o contro l’autorizzazione a procedere per Salvini sul caso Diciotti. E immaginiamo le conseguenze nell’uno e nell’altro caso.
Pro. Malgrado la paradossale arringa di Mario Giarrusso in favore di Salvini, eroico difensore dei sacri confini dall’invasione di 177 migranti scampati al naufragio, la base M5S dà una lezione ai tremolanti vertici. E ricorda ai suoi “dipendenti” ciò che dovrebbero ricordare benissimo da soli, visto che lo ripetono da dieci anni: tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Gli eletti si scusano per aver dimenticato il valore fondativo (il tanto bistrattato “uno vale uno” era proprio questo: la traduzione grillo-casaleggiana dell’articolo 3 della Costituzione). E per avere scaricato pilatescamente sul web una scelta che sarebbe spettata a loro. Votano sì all’autorizzazione a procedere e Salvini va a processo. Com’è giusto che sia, visto che nel caso Diciotti non ricorre nessuna delle due condizioni previste dalla legge costituzionale per salvare un ministro da un processo: un “interesse dello Stato costituzionalmente rilevante” (la Costituzione non vieta affatto lo sbarco di naufraghi salvati da una nave italiana in un porto italiano, anzi due trattati internazionali lo impongono) e un “preminente interesse pubblico” (l’interesse pubblico di costringere altri stati Ue ad accogliere quote di migranti c’era, ma non era preminente, essendo possibile raggiungere lo stesso esito anche con altri metodi). I 5Stelle confermano di condividere la decisione discrezionale di Salvini; ribadiscono la disponibilità di Conte, Di Maio e Toninelli a farsi processare insieme a lui; ma affidano ai giudici il compito di stabilire se quel comportamento fosse lecito o illecito (anche perchè, ora che sono indagati anche il premier e i due ministri M5S, sarebbe paradossale se finissero a processo tutti tranne Salvini). Anzi, sollecitano il Tribunale a disporre un giudizio immediato, per sapere subito se certe cose sono reato o no. Poi, ammaestrati dalla lezione degli iscritti, ritrovano le ragioni profonde del loro esistere: le battaglie per l’uguaglianza, la legalità, l’onestà e contro ogni privilegio di casta. Che sono la ragione fondamentale per cui hanno ottenuto tanti consensi e si trovano in Parlamento e al governo. Quindi ricominciano a parlare di cose che interessano i cittadini onesti, uscendo dal Truman Show della narrazione salviniana, che non potrebbe essere più distante dalla loro. Si può fare politica senza amici, ma non senza conoscere i propri nemici. I nemici di Salvini sono i migranti.
Quelli dei 5Stelle sono i ladri, i corrotti, gli evasori, i privilegiati, i violatori di diritti, i poteri forti, gli scialacquatori di denaro pubblico. Perciò, nei primi otto mesi di governo, hanno puntato tutto su reddito di cittadinanza, vitalizi, anti-corruzione, blocca-prescrizione, lotta al precariato e al gioco d’azzardo, stop al Tav e alle trivelle. Ma non hanno saputo raccontare il perché, ipnotizzati dall’incantesimo salviniano che portava l’attenzione generale (e anche la loro) da tutt’altre parti. Le battaglie contro Macron e il neocolonialismo francese saranno pure giuste, ma non spostano un voto e non scaldano un cuore. Portano solo altra acqua al mulino di chi dipinge il M5S come inaffidabile o addirittura amico dei violenti (vedi l’errore marchiano di incontrare la delegazione dei Gilet gialli senza controllare il pedigree di ciascuno). Se poi Salvini prendesse la palla al balzo per far cadere il governo Conte, i 5Stelle avrebbero gioco facile a ricordargli che è tutta colpa sua: lui s’impuntò per cinque giorni a non far sbarcare i migranti dalla Diciotti, salvo poi capitolare su pressione di Conte e Mattarella; lui disse di voler essere processato senza “aiutini”; lui ha cambiato idea; lui scambia il voto pro autorizzazione a procedere (l’unico legittimo in base alla Costituzione) per un affronto e un atto ostile, a dispetto della copertura fin troppo generosa che gli hanno fornito ex post i pentastellati; lui rigetta l’Italia nell’ingovernabilità per tornare fra le braccia di B. Ma è più probabile che Salvini abbassi le penne, incassi la sconfitta e si rassegni a farsi processare, come aveva chiesto per mesi prima del voltafaccia. Anche perché sa benissimo che, rovesciando un governo così popolare per rimettersi con B., danneggerebbe anzitutto se stesso.
Contro. Ingannata dall’orazione pro Salvini di Giarrusso e del fronte del no ai giudici, la maggioranza degli iscritti vota contro l’autorizzazione a procedere. Così i senatori M5S salvano, in combutta con quelli di Lega, FdI e Forza Italia (sic!), l’alleato-competitore. Il Pd, unico a votare per l’autorizzazione a procedere dopo aver salvato i peggiori delinquenti dall’arresto e dalle intercettazioni, risorge e fa la morale ai 5Stelle, sventolando la bandiera della legalità. Dario Fo e Gianroberto Casaleggio si rivoltano nelle rispettive tombe. Salvini brinda allo scampato pericolo con Berlusconi e la sua fairy band e fa il gesto dell’ombrello ai giudici, aumentando imbarazzo del M5S e affermando coram populo quello che molti dicono di lui da otto mesi (finora a torto, visto il quasi nulla che ha prodotto la Lega): il padrone del governo, della Costituzione, delle leggi, della magistratura e dell’Italia intera è lui. Legibus solutus col voto determinante del fu partito dell’onestà, convertito al motto in “Uno vale tutti”. A quel punto i 5Stelle si ritirano dal dibattito pubblico e vanno a nascondersi: niente più social network, talk show, comizi in piazza, neppure una passeggiata a volto scoperto, onde evitare il rischio concreto di vedersi rinfacciare il salvacondotto a un ministro imputato per sequestro di persona. Come conquistare il governo in dieci anni e perdere tutto in un giorno. Missione compiuta.