Negare l’autorizzazione a procedere nei confronti di un ministro significa rendere insindacabile il suo operato e questo rende, di fatto, questo ministro più uguale degli altri. La questione, nello specifico, è complessa, ma non è diversa dalle situazioni che si trova a vivere quotidianamente un sindaco. Nel 2016 sono stato indagato dalla procura di Livorno per tre ipotesi di reato legate ad alcune scelte che avevo compiuto in qualità di sindaco. Scelte che hanno permesso di salvare una municipalizzata in dissesto e tutelato decine di posti di lavoro. Io non avevo alcun “paracadute parlamentare”, ma la storia ha dimostrato che si trattava di una scelta corretta, sia dal punto di vista della gestione aziendale, sia dal punto di vista penale. Tutte le accuse sono cadute e l’azienda è stata salvata. Se il ministro Salvini è certo, come ha detto, della coerenza e della correttezza del suo operato, non avrà problemi a dimostrarlo davanti ai giudici. E Luigi Di Maio, che in questi mesi ha svolto un lavoro eccellente, portando a casa risultati storici per il Movimento come la legge Spazza-corrotti e il reddito di cittadinanza, affermerà nuovamente che ci si difende nei processi e non dai processi.
Filippo Nogarin
Non entro nel merito della questione perché so quanto sia complesso governare e perché non voglio dare un giudizio politico sull’atto alla base della richiesta di autorizzazione a procedere. Ritengo corretto, però, che a esprimersi nel merito siano i giudici, nei diversi gradi di giudizio. Non è obbligatorio condividere le accuse dei pm, anche perché non è assolutamente detto che portino a una condanna ed è sempre bene ribadire che ciascuno è innocente fino a sentenza definitiva. Il nostro ordinamento prevede che il luogo corretto per difendersi dalle accuse e far valere le proprie ragioni siano le aule di tribunale e credo che questo debba valere per tutti.
Chiara Appendino
Io non dico agli altri che cosa debbano fare. Posso dire però che io un processo l’ho affrontato a testa alta e sono stata assolta. Avevo già annunciato che avrei rimesso il mio mandato in caso di condanna. Ma ero fiduciosa della assoluzione perché mi sono sempre comportata onestamente. È una questione strettamente personale. Le responsabilità, anche quelle politiche, devono restare personali.
Virginia Raggi