“Di feste in mio onore – disse una volta Giulio Andreotti al Corriere – ne riparleremo quando compirò cent’anni”. Oggi il Divo non c’è più, eppure avrebbe motivo di orgoglio nel vedere come l’Unione europea celebrerà il centenario della sua nascita. Il grande evento è previsto per domani: “Celebration of 100 years since the birth of President Giulio Andreotti”, nella sede del Parlamento di Bruxelles. A fare gli onori di casa sarà il Partito popolare europeo, il gruppo a cui appartengono anche Forza Italia e Udc.
Difficile però, visti gli invitati, immaginare cenni alle ombre politiche e giudiziarie di Andreotti, ormai accertate da sentenze definitive. Come quelle relative ai rapporti con la mafia, che hanno portato la Corte d’appello di Palermo ad assolvere il Divo per i fatti successivi al 1980, riconoscendolo però colpevole – seppur prescritto – del reato di associazione a delinquere per il periodo precedente, come poi ribadito in Cassazione.
Tutti argomenti per cui oggi Ignazio Corrao, eurodeputato 5 Stelle, non ci sta: “Un convegno su Andreotti significa quasi beatificare la mafia, chiudere gli occhi su una delle pagine più buie del nostro Paese e per altro mai chiusa”.
A ricordare Andreotti ci sarà Pier Ferdinando Casini, uno dei più longevi eredi della Dc, eletto per la prima volta alla Camera nel 1983. Una storia politica che di certo non rinnega Belzebù: “Non mi sembra una cosa così clamorosa – minimizza Casini – commemorare un signore senatore a vita, diverse volte presidente del Consiglio e ministro per cinquant’anni. È controverso, divisivo persino nel suo partito, ma è stato tra i fondatori del Ppe e celebrarlo, essendo stato lui uno degli europeisti più coerenti, mi sembra tutto meno che inappropriato”.
La versione convince poco Corrao: “Ognuno può organizzare ciò che vuole, ma riconoscano che questo convegno è assolutamente inopportuno. A questo punto, non ci stupiremmo se ne facessero uno anche su Vito Ciancimino o su Salvo Lima”.
A presentare l’evento saranno poi Lorenzo Cesa e Elisabetta Gardini. Il primo, oggi segretario dell’Udc, già esponente della Balena Bianca fino al 1994 e poi delle sue molteplici riproposizioni. La seconda, berlusconiana dopo un meno fortunato debutto alle urne con il Patto Segni, ancora ammaliata dal Divo: “Quando i processi finiscono con un nulla di fatto, che sia per assoluzione o per prescrizione, si dovrebbe smettere di parlarne. Quanti oggi maramaldeggiano su Andreotti si chiedano che cosa è diventata l’Italia dopo la sua uscita di scena e perché rimase solo contro il Trattato di Maastricht”. Presente anche Antonio Tajani, che proprio come Gardini non ha mai nascosto di rimpiangere la credibilità internazionale dell’Italia ai tempi del Divo: “Quando c’era lui – ha dichiarato lo scorso anno – funzionava, Berlusconi aveva ricominciato a tessere una tela di rapporti anche in Europa e dopo siamo scomparsi”. Altro che terza Repubblica.