Senza aborti e senza gay: il festival filorusso di Verona

Identikit dei relatori - Tra omofobi e anti-migranti: i nomi della destra cattolica e ortodossa che va da Salvini a Putin, per “cambiare” la società

C’è chi vuole mettere in galera gli omosessuali, l’arciprete che definisce “cannibali” le donne che abortiscono, la scrittrice italiana Silvana De Mari secondo cui “l’atto sessuale tra due persone dello stesso sesso è una forma di violenza fisica usata anche come pratica di iniziazione al satanismo”. Questa è la famiglia e la società della lobby […]

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C’è chi vuole mettere in galera gli omosessuali, l’arciprete che definisce “cannibali” le donne che abortiscono, la scrittrice italiana Silvana De Mari secondo cui “l’atto sessuale tra due persone dello stesso sesso è una forma di violenza fisica usata anche come pratica di iniziazione al satanismo”. Questa è la famiglia e la società della lobby tradizionalista che si riunirà a Verona dal 29 al 31 marzo per il 13° World congress of families (Wcf), osteggiato dai gruppi femministi ed Lgbt, con già 100mila richieste raccolte dal movimento globale AllOut perché venga negato il patrocinio del governo.

Nato alla fine degli anni Novanta dalla collaborazione dello studioso americano Allan Carlson (presente a Verona), con alcuni sociologi russi convinti che la libertà sessuale occidentale avrebbe distrutto il Paese, questa associazione lavora a fianco di Vladimir Putin a partire dal 2011, proponendo e facendo approvare diverse leggi chiave: quella che limita il diritto all’aborto, quella che vieta la “propaganda gay” e una terza che depenalizza la violenza domestica.

L’uomo centrale da tenere d’occhio, è che sarà a Verona, è Alexey Komov. Ex proprietario di night club e appassionato di yoga, convertitosi poi all’ortodossia cristiana, incrocia il Wcf nel 2010 diventandone presto uno dei leader (è il rappresentante per la Russia). Tra i sostenitori della legge contro la “propaganda gay”, dichiara che nel suo Paese non c’è un problema di omofobia, anzi, i giovani vanno protetti perché “lo stile di vita omosessuale non è salutare”. Komov, amico e collaboratore dell’oligarca Konstantin Malofeev, è una vecchia conoscenza in Italia: è presidente onorario dell’associazione “Lombardia Russia” di Gianluca Savoini, uomo di riferimento per Mosca del ministro Salvini (Komov anche è citato nell’inchiesta dell’Espresso sui presunti soldi russi alla Lega). Spesso è stato ospite nel nostro Paese, oltre che della Lega, di Toni Brandi, presidente di ProVita, associazione antiabortista che ha riempito le città di manifesti con immagini di feti in occasione del 40esimo anno della legge 194. Brandi è un altro relatore: per lui “i gay hanno tendenze pedofile, rompono i coglioni e possono essere curati” (è inoltre grande amico del neo-fascista Roberto Fiore). A un convegno di ProVita del 2016, l’attualeministro Lorenzo Fontana (relatore a Verona) disse: “C’è una deriva nichilista e relativista della società occidentale, ma la Russia – rappresentata qui dall’amico Alexey Komov – è l’esempio che l’indirizzo ideologico e culturale in una società si può cambiare”.

Eccolo allora “l’indirizzo ideologico”: basta guardare dichiarazioni e biografie dei relatori. C’è l’arciprete ortodosso Dmitri Smirnov che definisce “cannibale” chi ricorre all’aborto: “Non sperate di avere gioia, avrete braccia macchiate e piedi che sguazzeranno nel sangue dei vostri bambini assassinati”. Antiabortista anche Ignacio Arsuaga, a capo della ricchissima Ong spagnola CitizenGo, attiva anche in Italia: “Vogliamo una Spagna senza aborti e lavoreremo per raggiungere questo obiettivo”. Ci sarà Katalin Novak, ministra della Famiglia ungherese che ha partorito la legge che esenta dal pagamento dell’imposta sul reddito le donne con almeno quattro figli perché, ha dichiarato il presidente Orban, “non vogliamo più migranti, ma più bambini ungheresi e in generale più bambini europei cristiani”. Ci sarà Lucy Akello, ministra ombra in Uganda e sostenitrice del cosiddetto “Kill the gay bill” (finora respinto) che prevederebbe l’ergastolo – in una prima stesura, la pena di morte – per chi si macchia di “omosessualità aggravata”. E infine lui, il presidente del Wcf, Brian Brown, sostenitore di campagne contro i matrimoni gay e i transgender nell’esercito, e convinto che le pulsioni omosessuali si possano “riparare”. “Dove sono i ricercatori che studiano la possibilità che lo stile di vita gay stesso sia distruttivo?” si è chiesto una volta. A fine marzo tutti a Verona, verrebbe da rispondergli.