Non c’è solo l’orrore della pedofilia nella chiesa cattolica. Nel 2006, Doris era una giovane novizia di 22 anni quando, arrivata in Vaticano per completare la sua formazione spirituale e prendere i voti, fu abusata da un prete. Ci sono voluti anni perché Doris decidesse di parlare. Nel 2010 ha denunciato tutto alla superiora e rinunciato alla vita religiosa. La sua storia l’ha raccontata di recente a tre giornalisti, davanti alla telecamera a volto scoperto. Il documentario di Elizabeth Drévillon, Marie-Pierre Raimbault e Eric Quintin, Religieuses abusées, l’autre scandale de l’Église, risultato di tre anni di inchiesta, è andato in onda il 5 marzo sul canale televisivo francese Arte, ma è ancora disponibile sul sito internet. Doris era entrata nella Famiglia spirituale “L’Opera” e si occupava della biblioteca. Il prete aguzzino era il responsabile: “Controllava tutto quello che facevo, me lo ritrovavo ovunque, in cucina, nella lavanderia.
Un giorno mi ha passato il braccio intorno alla spalla, ma il contatto fisico tra noi era tabù”. Doris voleva dire al prete di non importunarla più e accettò di riceverlo nella sua camera. “Ci siamo seduti sul divano e ha cominciato a sbottonarmi l’abito. Gli ho detto: ‘Non ha diritto di farlo’. Ma lui ha continuato e ho capito che non avrei potuto impedirlo. Come suora ho promesso obbedienza, sapevo che avrei dovuto sopportare il dolore, ma non era concepibile che qualcuno mi privasse della mia castità. Non ero più vergine. Ero ancora una suora?”. Lo scandalo degli abusi sessuali nella Chiesa cattolica oggi riguarda raccapriccianti storie di pedofilia. Tutti i media parlano di casi come quello del cardinale Barbarin di Lione, condannato per aver coperto gli abusi pedofili di un prete per anni e che oggi è in Vaticano a rimettere le dimissioni al Papa. Non è così per le violenze subite dalle suore. Le inchieste giornalistiche ci sono, ma se ne parla poco: “Non c’è abbastanza copertura mediatica, né opinione pubblica ed è tutto da costruire”, dice Christian Terras, direttore della rivista cattolica Golias. Il bilancio del documentario è agghiacciante. Da decenni religiose di tutto il mondo subiscono abusi sistematici da parte di preti che approfittano del loro potere. Le suore si chiudono nel silenzio, vittime anche della paura di denunciare e della complicità delle gerarchie. Alcune restano incinte e sono obbligate a abortire in segreto, certe volte a gravidanza avanzata, o a “offrire il loro bambino a Dio”, cioè a darlo in affidamento. In più subiscono il disprezzo delle superiore e delle famiglie.
I preti predatori, nella maggior parte dei casi restano impuniti o, se denunciati, vengono giudicati da tribunali interni e al massimo trasferiti. Un’altra ex religiosa francese, Michèle-France, che a 26 anni, negli anni 70, era suora nel convento delle Carmelitane di Boulogne-Billancourt, racconta gli abusi subiti da padre Marie-Dominique. Un prete che aveva la “reputazione di un sant’uomo” e che invece cominciò a approfittare di lei nel silenzio del confessionale: “Diceva di essere il piccolo strumento di Gesù”. Raggiunta la comunità “L’Arche”, a Trosly-Breuil, Michèle-France fu abusata anche da padre Thomas, il responsabile: “Cominciai anche con lui a praticare la fellatio come con Padre Marie-Dominique. Per me era come un esercizio di penitenza”. Questi casi sono noti in Vaticano. Padre Thomas era stato convocato a Roma già negli anni 50 e sanzionato, ma aveva continuato ad abusare delle suore fino alla sua morte, nel 1993. Solo più di dieci anni dopo Michèle-France e le altre vittime hanno avuto il coraggio di denunciare il prete predatore e solo nel 2017 hanno ottenuto una “messa di riparazione”. Padre Marie-Dominique morì nel 2006, ma solo 10 anni dopo la Santa Sede ha riconosciuto gli abusi portati avanti da lui e dai suoi discepoli della comunità spirituale di Saint-Jean, di cui era il fondatore (congregazione poi sciolta). Gli autori del documentario denunciano la “cultura dell’impunità” di cui, in un’intervista al settimanale Telerama, accusano soprattutto il pontificato di Giovanni Paolo II: un periodo i cui “la Chiesa perdeva terreno” e la comunità di Saint-Jean rappresentava “un vivaio di 500 preti”. Al giornale francese, Eric Quintin ha spiegato: “L’inchiesta è nata quando abbiamo scoperto che una risoluzione del Parlamento europeo del 2001, invitava il Vaticano a reagire alla pubblicazione, sul giornale statunitense National Catholic Reporter, di due rapporti sugli abusi sessuali di cui sono vittime le religiose. Si trattava di inchieste molto documentate portate avanti da due suore, Marie McDonald e Maura O’Donohue, negli anni 90, in 23 paesi e trasmesse al Vaticano. Un grido di allarme rimasto senza risposta”. La risoluzione non ha avuto seguito.
Patsy Sörensen, l’eurodeputata che l’aveva difesa davanti all’Ue, ricorda di aver ottenuto solo una risposta “deludente” da parte del Vaticano. L’ex portavoce della Santa Sede, Joaquín Navarro-Valls, morto nel 2017, aveva anche tentato di minimizzare: “Non aveva negato il fenomeno, ma secondo lui era limitato a regioni lontane”. Nel suo rapporto del 1998, Marie McDonald, missionaria in Africa, aveva allertato sul ricorso all’aborto: “Quando una suora resta incinta, il prete responsabile insiste per farla abortire”. Constance, ex missionaria in un paese d’Africa occidentale, che testimonia di spalle, il volto rivolto verso il mare, ha contato intorno a lei almeno una trentina di suore costrette a abortire. Anche lei è stata abusata, dal suo “padre spirituale europeo”: “Diceva che aiutava tante suore, tutte giovani e novizie. Le superiore si mettevano d’accordo con i preti, consegnavano loro le sorelle e in cambio ricevevano dei soldi. Io la chiamo prostituzione”. Ludovic Lado, prete gesuita e professore di scienze sociali in Camerun, denuncia da tempo quelle che definisce le “derive mafiose del clero africano”. “La precarietà economica rende le religiose vulnerabili. Ma mentre la Chiesa cattolica condanna l’aborto – ha detto ad Arte – il fatto che una congregazione costringa una suora ad abortire per me è un’abominazione”.
Papa Francesco ha di recente definito “sicari” quanti lo praticano. Tom Roberts, ex capo redattore di National Catholic Reporter, la rivista cattolica che aveva pubblicato i due rapporti arrivati poi al Parlamento Ue, ha messo in evidenza un altro aspetto: “I preti abusano delle religiose perché sanno che sono donne sane in regioni dove l’Aids è endemico. Personalità del Vaticano ce lo hanno confermato”. Con la parola delle donne che si libera, all’epoca del #MeToo, anche le religiose cominciano a uscire dal silenzio. Ma denunciare è difficile. Lo dice Cecilia, un’altra vittima dell’Arche: “Quando si denuncia un prete, si denuncia anche la Chiesa”. Quanto tempo deve passare ancora prima che scoppi lo scandalo? Ai giornalisti di Arte, padre Hans Zollern, membro della Commissione vaticana contro la pedofilia, ha confermato: “Posso affermare con convinzione che il Papa è a conoscenza del problema”.
Del resto, proprio di recente, rientrando dal viaggio negli Emirati Arabi, Papa Francesco ha ammesso per la prima volta in aereo con i giornalisti che ci sono preti che abusano delle suore, reagendo ad un articolo di Donne Chiesa Mondo, mensile dell’Osservatore Romano: “È da tempo che ci lavoriamo”, ha detto. Nell’aprile 2018, i tre giornalisti, portando a termine la loro inchiesta, hanno trasmesso al Vaticano le informazioni raccolte e chiesto a Papa Francesco la sua disponibilità ad incontrare due ex religiose, Doris e Michèle-France. Non in privato, davanti alle telecamere. L’incontro non ha mai avuto luogo.