In italiano memorandum of understanding significa “accordo non vincolante”, ma quelli che verranno firmati oggi tra imprese italiane e cinesi un vincolo lo rivelano: quello che lega aziende in cerca di nuovi mercati e il Paese che può offrire più opportunità. La visita del presidente Xi Jinping a Roma è il segnale di quello che i think tank chiamano “globalismo cinese”. Ma le imprese si sono legate a Pechino da parecchio, come si capisce dai 10 memorandum che dovrebbero essere firmati oggi e che, perlopiù, sono sigilli su progetti già avviati. In prima fila c’è la Cassa Depositi e Prestiti, controllata del Tesoro che gestisce i risparmi postali: dal 2014 nella sua Cdp Reti (che controlla, tra l’altro, la rete elettrica) c’è una compagnia cinese pubblica, State Grid. I nuovi vertici di Cdp, l’ad Fabrizio Palermo e il presidente Massimo Tononi, hanno tenuto le cariche apicali di Cdp Reti. Per far capire che non comandano i cinesi. Palermo si è anche insediato alla presidenza, lato italiano, del business forum Italia-Cina che si è riunito ieri: ha preso il posto di Marco Tronchetti Provera, vicepresidente della Pirelli ormai da anni a controllo cinese. Un altro segnale per ribadire che gli interlocutori principali di Pechino devono essere uomini scelti dal governo, visto che in Cina tutto il business è politica. Tra i memorandum del gruppo Cdp-Sace, per Palermo quello cruciale riguarda i “Panda bond”: la Cdp e Bank of China emetteranno obbligazioni sottoscritte da investitori istituzionali (banche e fondi) cinesi per finanziare l’espansione in Cina delle medie imprese italiane.
Al forum, che serve a far dialogare imprese italiane e cinesi, partecipavano aziende che da tempo puntano sulla Cina, come il gruppo Bracco che dal 2001 porta tecnologie di diagnostica sanitaria in Cina grazie a una joint venture con Shanghai Shine.
Il colonialismo tramite l’iniziativa Belt and Road (il piano di investimenti della “nuova via della seta”) è un rischio politico e per le infrastrutture, ma per altre aziende è la leva per accedere al mercato cinese. A Washington e Bruxelles guardano con sospetto gli interessi cinesi sui porti che però non nascono certo oggi: uno dei memorandum riguarda il porto di Trieste, per il piano “trihub”, investimenti di Cccc (China Communications Construction Company) che dovrebbero permettere al sistema portuale triestino di accedere al nuovo polo ferroviario che i cinesi stanno sviluppando in Slovacchia. Un progetto che comunque ha ottenuto l’avallo di Bruxelles per rafforzare gli scambi Ue-Cina. Anche l’Autorità del Mar Ligure occidentale firmerà il suo memorandum. Ma di nuovo, se di invasione si tratta, è cominciata da parecchio: dal 2016 la Cosco Shipping, controllata dal Porto di Quingdao, ha una partecipazione del 49,9% nel terminal container di Vado Ligure. Mentre Cccc firmerà un memorandum oggi per investire sul porto di Genova.
Quingdao è una città portuale sulla costa est della Cina, a Nord di Shanghai. Oggi è una delle capitali della nuova “via della seta”, ma già da tempo è nel radar delle grandi imprese italiane. Intesa Sanpaolo firmerà oggi un memorandum con la Bank of Quingdao della quale è già azionista con il 15%. A fine 2017 ha lanciato una società di gestione dei patrimoni dei clienti più benestanti di Quingdao, il passo successivo è distribuire prodotti bancari direttamente dall’e-banking della Bank of Quingdao.
Anche Snam, società a controllo Cdp che gestisce la rete del gas, vede la Cina come mercato da conquistare e non una minaccia. La società guidata da Marco Alverà ha già accordi di collaborazione con State Grid, Bejing Gas, PetroChina e si appresta a firmare altri tre memorandum. Secondo le previsioni, la domanda di gas in Cina passerà dai 280 miliardi di metri cubi del 2018 ai 600 miliardi del 2040. Per questo i cinesi programmano di moltiplicare per quattro la loro capacità di importazione di gas naturale liquido. Ma non hanno una società unica della rete, hanno bisogno di supporto e tecnologia, Snam si sta muovendo per fornirli e ha da poco aperto uffici a Pechino.
Ci sono anche Danieli (infrastrutture siderurgiche), Ansaldo Energia e pure l’Eni tra le dieci aziende che oggi firmeranno memorandum. La Cina è un mercato che interessa a tutti. Il 3% delle esportazioni italiane nel 2018, 13,7 miliardi di euro, è andato al mercato cinese. Ma noi, da loro, importiamo per 31 miliardi. Le acquisizioni di società italiane da parte di gruppi cinesi sembrano imponenti, ma in realtà tra il 2000 e il 2018 l’Italia ha ricevuto soltanto 15,3 miliardi di euro contro i 22,2 in Germania e i 46,9 miliardi in Gran Bretagna. I memorandum di oggi, insomma, non sono certo l’inizio di un legame sempre più stretto tra Italia e Cina. E sicuramente non sono la fine di questo percorso di avvicinamento.