Non sono soltanto i Boeing 737 Max 8 a usare un software sospettato di aver provocato gli incidenti in Etiopia e Indonesia che hanno ucciso oltre 300 persone tra cui otto cooperanti italiani. Anche quattro aerocisterne KC-767A dell’Aeronautica militare ne sono dotate, ma non risulta che lo Stato Maggiore abbia adottato alcuna misura cautelare per evitare che si possano ripetere incidenti analoghi. Interpellato dal Fatto, lo Stato Maggiore ha confermato che i tanker di Boeing operati dall’Aeronautica italiana hanno un sistema Mcas (Maneuvering Characteristics Augmentation System). Tuttavia, l’architettura, l’implementazione e l’interfaccia pilota del Mcas del Boeing 767 Tanker differiscono da quelle del 737 Max. Ma non specifica se siano state adottate delle precauzioni particolari.
L’Aeronautica Usa, che impiega Mcas sui nuovissimi KC-46, appena entrati in servizio dopo un travagliatissimo sviluppo, ha deciso di adottare un atteggiamento prudenziale ordinando che i piloti ricevano uno specifico addestramento per le procedure di emergenza e si esercitino al simulatore. Dopo l’incidente al Boeing della Ethiopian Airlines nel quale morirono 157 persone, è stata disposta la messa a terra di tutti velivoli con l’Mcas. La dinamica dell’incidente era la stessa che aveva provocato la caduta di un 737 inabissatosi nel mare di Giava con 189 persone. Fino a qualche giorno fa si pensava che il sistema Mcas fosse montato solo a bordo di due modelli di 737 Max. Si scopre adesso che ne sono dotate anche le cisterne volanti derivate da un aereo più grande, sempre Boeing, il 767. Un aereo dalla vita travagliata.
L’Aeronautica italiana ne aveva ordinati quattro all’inizio del 2002 per una spesa di oltre un miliardo di dollari. L’ordine era stato dichiarato urgentissimo perché i quattro aerei, ribattezzati KC-767A, avrebbero dovuto sostituire altrettante cisterne giunte al termine della vita operativa. Ma il 767 entrò in servizio soltanto nel 2011, quasi dieci anni più tardi. Boeing non riusciva a risolvere gravi problemi di turbolenza provocati dai dispositivi per il trasferimento di carburante dall’aerocisterna ai velivoli riceventi. Fu forse per questo che sugli aerei italiani vennero installate le prime versioni del sistema Mcas, progettato proprio per migliorare la gestione dell’inviluppo di volo.
Difficile dire se ci siano stati problemi provocati dal Mcas dei tanker. Di questi aerei ne esistono solo otto esemplari al mondo, i quattro italiani e quattro in servizio nell’Aeronautica giapponese.
I 737 “fallati” sono già più di 300, dunque statisticamente le probabilità di incidente sono infinitamente più alte. D’altronde la storia del tanker derivato dal 767 è piuttosto “avventurosa” per usare un eufemismo. Con alcuni piccoli e grandi “gialli”. Come ad esempio l’annuncio pubblicato dalla Rivista Aeronautica, organo ufficiale dello Stato Maggiore, sulla gara per le aerocisterne italiane vinta dalla Boeing battendo la competizione di Airbus.
Peccato che quando la rivista uscì la gara non fosse ancora stata fatta. Anche negli Usa l’aereo ebbe una vita piena di vicissitudini e alla fine non entrò mai in servizio. La competizione fu inizialmente vinta da Airbus, ma poi invalidata e assegnata a Boeing. Che non riuscì mai a produrre l’aereo per i troppi problemi. Una funzionaria del Pentagono responsabile delle trattative con Boeing, Darleen Druyun, fu anche riconosciuta colpevole di aver favorito il gigante aeronautico e fu condannata a 16 mesi. Da notare che a parte Italia e Giappone, in tutte le altre aeronautiche del mondo, gli aerei rifornitori sono Airbus. Solo da tre mesi anche la United States Air Force ha ricevuto dei tanker della Boeing, i KC-46 Pegasus, con oltre tre anni di ritardo rispetto alle previsioni. Anche questi montano il Mcas.