L’Arma dei carabinieri sarà parte civile contro i suoi ufficiali accusati di aver imbrogliato le carte su Stefano Cucchi? Vedremo. Al Comando generale spiegano che la decisione sarà presa solo dopo l’eventuale rinvio a giudizio del generale Alessandro Casarsa e dei colonnelli. Impegni chiari, nero su bianco, l’Arma non ne prende. Ha solo lasciato che su Repubblica e altrove, per tutta la giornata di ieri, uscissero titoli sull’Arma parte civile. Nel giorno in cui al processo per il pestaggio, come si legge sopra, parlava l’uomo chiave anche per l’immagine dei carabinieri. Chi ci ha messo la faccia è il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: “Il ministero della Difesa è favorevole a costituirsi parte civile nel processo per la morte di Stefano Cucchi”, ha detto. Però, il processo per la morte di Stefano Cucchi è già in corso e i termini sono scaduti. Sarà stato un lapsus.
Alti ufficiali tra cui Casarsa, fino a pochi mesi fa comandante dei Corazzieri del Quirinale, sono invece indagati non per la morte di Cucchi ma per falso ideologico, per aver indotto i subalterni – scrive l’accusa – a modificare le relazioni di servizio su Cucchi. Secondo il pm Giovanni Musarò, hanno preferito che fosse indicato un “malessere generale verosimilmente attribuito al suo stato di tossicodipendenza”, anziché mettere in luce “dolori al capo, giramenti di testa e tremori” che avrebbero potuto far pensare al pestaggio del 31enne romano, poi deceduto nell’ottobre 2009 dopo un arresto per droga. Insomma non erano solo “mele marce” in una stazione di periferia: la catena di comando avrebbe operato per coprire anziché scoprire l’accaduto. Perfino nel 2015, durante l’inchiesta bis. Ricorda i fatti della scuola Diaz al G8 di Genova del 2001, con le bottiglie molotov portate dalla polizia per arrestare i 93 innocenti massacrati nell’irruzione. A breve il pm potrebbe chiedere il rinvio a giudizio degli ufficiali, perché il giudice decida ci vorranno mesi. E siccome sono già passati quasi dieci anni l’eventuale processo ter rischierebbe la prescrizione in primo grado.
Della costituzione di parte civile non ha parlato il comandante generale, Giovanni Nistri, nella sua lettera a Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, datata 11 marzo e resa nota ieri da Repubblica. Ne ha parlato il generale Roberto Riccardi, capo delle Relazioni esterne dell’Arma, quando ha consegnato la lettera alla donna. Repubblica parla di un intervento processuale dell’Arma, contro i suoi, “qualora nella richiesta di rinvio a giudizio evidenti le circostanze che la vedono parte lesa”. Ilaria Cucchi conferma: “Bisognerà attendere la richiesta di rinvio a giudizio”. Il generale Riccardi non conferma e non smentisce. Dal Comando però ipotizzano di intervenire solo dopo il rinvio a giudizio. Nistri in ogni caso ha escluso misure disciplinari prima del processo, come invece è avvenuto a Firenze per i due carabinieri accusati dello stupro di due studentesse statunitensi e radiati dall’Arma perché in ogni caso avevano usato indebitamente l’auto di servizio per portare a casa le ragazze. Qui invece il Comando non sembra vedere che, se anche non fossero dimostrati reati, sarebbero state comunque commesse significative negligenze. Non fece una gran figura neppure l’allora comandante provinciale, generale Vittorio Tomasone, mai indagato.
Un passo avanti dell’Arma indubbiamente c’è stato e un ruolo l’ha giocato la ministra M5s della Difesa Elisabetta Trenta, come peraltro conferma la presa di posizione di Conte. E il vicepremier M5s Luigi Di Maio ha apprezzato “la lettera, umana e autorevole” del generale Nistri. A tarda sera ha battuto un colpo anche il ministro dell’Interno, il leader leghista Matteo Salvini. Toni diversi e niente scuse ai Cucchi: “Chi sbaglia paga, anche se indossa una divisa, ma non accetto che l’errore di pochi comporti accuse o sospetti su tutti coloro che ci difendono: sempre dalla parte delle Forze dell’Ordine”.