La scena rende l’idea della contorsione ormai raggiunta sulla vicenda dei rimborsi ai “truffati”, dove l’accordo sbandierato tanto in fretta ancora non c’è. Martedì sera, finito il Consiglio dei ministri sul Def, Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Matteo Salvini si chiudono in un mini-vertice. Chiamano in diretta Luigi Ugone, presidente di “Noi che credevamo nella Popolare di Vicenza” per chiedergli se la sua posizione contraria è cambiata in 24 ore. La risposta è negativa. Ugone spiega di avere molti dubbi, di non fidarsi delle promesse del ministro Giovanni Tria e chiede di vedere i testi. Insieme al “Coordinamento Don Torta” di Andrea Arman, già candidato M5S alle Politiche in Veneto, sono le due associazioni che hanno votato contro le modifiche chieste da Tria e su cui sembrava essere stata trovata l’intesa. E invece in Consiglio dei ministri i testi non sono arrivati.
Lunedì, Conte ha incontrato 19 associazioni dei cosiddetti “truffati”, i 200mila e dispari ex azionisti e piccoli obbligazionisti di Etruria & C, e delle Popolari venete. È passata col voto favorevole di 17 sigle su 19 la linea negoziata da Tria con Bruxelles per erogare gli 1,5 miliardi destinati ai ristori dalla manovra. Un doppio binario: rimborsi automatici per chi ha reddito imponibile fino a 35 mila euro lordi; per gli altri si va al vaglio di una commissione tecnica incaricata di verificare che ci sia stata una vendita fraudolenta dei titoli. All’incontro viene ribadito che secondo i calcoli del Tesoro nel primo binario passerà il 90 per cento della platea potenziale e che la commissione agirà come un arbitrato semplificato, senza valutare caso per caso ma “tipizzando” le violazioni. Le sigle si esprimono a maggioranza a favore. Ugone spiega invece di voler vedere i testi, “altrimenti non firmo”, dice. Conte lo stoppa: “Lei non deve firmare niente…”. Al termine dell’incontro, Palazzo Chigi fa sapere che c’è un sostanziale via libera e i testi andranno il giorno dopo in Cdm. Di Maio e Salvini tacciono, ma meno di 24 ore dopo sono tutti e tre al telefono a convincere Ugone. Niente da fare.
Dal governo provano a minimizzare. Fonti di maggioranza spiegano che lo stallo sarebbe dovuto alla complessità tecnica di scrivere le norme, e si attendono anche le proposte delle associazioni. Sono Di Maio e Salvini però a uscire allo scoperto. “Al Tesoro è tutto pronto – spiega il leghista – stiamo ragionando con chi ancora non è convinto”. “Se non si concorda con i risparmiatori non si fa nulla”, attacca Di Maio. Il leader 5Stelle, peraltro, già lunedì aveva fatto sapere alle sigle contrarie di essere dalla loro parte e preferire la versione originaria della norma, con l’accesso per tutti alla commissione senza valutare però caso per caso. “Il doppio binario è umiliante, ma la cosa inaccettabile è che di fatto viene istituito un arbitrato, il contrario di quello che era stato promesso”, spiega Arman. Pure essendo solo due, le associazioni di Arman e Ugone hanno un peso rilevante agli occhi dei gialloverdi: sono stati loro a organizzare l’incontro a Vicenza il 9 febbraio scorso con Di Maio e Salvini. Intanto le altre sigle dei truffati sono in rivolta. In una lettera a Conte, firmata dalla cabina di regia che ne racchiude 13, hanno espresso “viva sorpresa e irritazione” per il mancato via libera alle modifiche: “La invitiamo non tanto a formulare promesse – spiegano – ma a emanare le norme entro 7 giorni, o saremo costretti a una capillare azione di protesta contro il governo”.