Il clima è teso da giorni tra Lega e Cinque Stelle sulla Sanità in Campania. Da martedì i pentastellati spingono per la nomina di un nuovo commissario al posto del governatore della Regione, Vincenzo De Luca. Alla vigilia dell’ultimo Consiglio dei ministri, circolava il nome di un tecnico, Enrico Desideri, fino a marzo scorso manager della Asl di Arezzo (oggi Azienda Toscana Sud Est). Sembrava cosa fatta, ci si aspettava la sola approvazione per rispettare la norma sull’incompatibilità tra le due cariche (commissario e governatore) inserita a dicembre nella manovra dalla maggioranza. Invece è arrivato lo stop.
A opporsi è il viceministro leghista all’Economia, Massimo Garavaglia, che ha la delega alla valutazione dei Piani di rientro delle Regioni. “Da quattro anni in Campania si registra l’equilibrio finanziario – ha detto in una intervista al Corriere del Mezzogiorno – il Tesoro non ha motivo di commissariare”. La Grillo aveva replicato sostenendo che il 29 marzo era stato proprio il ministero a chiederle di concertare la nomina del commissario e del subcommissario della Campania e del Lazio. E che questo cambiamento di rotta era incomprensibile anche alla luce delle condizioni in cui versa la sanità in Campania, come denunciato in questi giorni dalla consigliera regionale del M5S, Valeria Ciarambino che, sull’operato di De Luca parla di mera “operazione contabile”.
Si entra così nei retroscena. Visto con occhio campano, l’interesse della Lega per il governatore della Campania trova spiegazione nella volontà di mantenere con De Luca una porta aperta che potrebbe tornare utile in qualsiasi momento, anche per le regionali del 2020. De Luca è da sempre vicino anche agli ambienti di centrodestra, sposta le percentuali decisive ed è quello delle liste civiche che si sono rivelate vincenti. E alla Lega, che sa di non avere grande potere in una regione come la Campania, fa comodo avere un credito da riscuotere, soprattutto in un futuro in cui De Luca potrebbe non essere il candidato del Pd. Il secondo aspetto, non meno marginale, riguarda il tema della sanità in Campania che oltre a essere molto sentito dai cittadini, è anche un forte presidio elettorale del M5S. Lasciare il commissariamento nelle mani di un nome scelto dal ministero della Salute significherebbe intestare il controllo della sanità in Campania ai pentastellati e consegnare loro una di vittoria morale.
Intanto ieri la Campania, al tavolo di verifica del piano di rientro della sanità al ministero dell’Economia, ha portato i dati con cui contava di mettere fine al commissariamento: una certificazione dei livelli essenziali di assistenza a 163 punti dal 105 del 2015 e il consolidamento del pareggio di bilancio da cinque anni. Il livello dei Lea è quindi oltre quello minimo di 160 punti, ma è comunque troppo basso: al termine di una analisi durata diverse ore nel pomeriggio di ieri, fonti del governo hanno fatto sapere che i tecnici dei due ministeri hanno deciso che per il momento la Regione non è nelle condizioni di uscire dal commissariamento. La Campania potrebbe riprovarci a luglio quando si dovrà discutere del Piano di rientro. Resta invece in sospeso il nodo della nomina che si spera di riuscire a sciogliere già nel prossimo consiglio dei Ministri.