Giuseppe Carboni e Angelo Polimeno Bottai hanno entrambi inviato a Fabrizio Salini una propria memoria, per raccontare l’accaduto secondo il loro punto di vista. Nel frattempo saranno sentiti dall’ufficio dell’audit interno: a quanto si sa, il vicedirettore è stato ascoltato ieri, mentre il direttore sarà sentito oggi.
Questi gli strascichi della rissa andata in scena nella redazione del Tg1 sabato pomeriggio. Una litigata tra direttore e vice in cui i toni si sono alzati parecchio, fin quasi allo scontro fisico. A dividere Carboni e Polimeno è stato uno degli altri vice, Filippo Gaudenzi, provvidenzialmente entrato nella stanza giusto un attimo prima che i due venissero alle mani, nel bel mezzo di urla, insulti e minacce. Da quel che si racconta, Polimeno e Carboni erano ai ferri corti da settimane a causa dei turni, col primo che rinfacciava al secondo di decidere la turnazione lavorativa troppo tardi. Ma a far precipitare tutto sono state le 11 promozioni decise da Carboni in solitaria. “Come ti permetti di agire senza consultarmi?! Chi ti credi di essere?!”, è stato il tono delle accuse.
La vicenda di questo giornalista è curiosa. Fino a solo un anno fa per tutti, da Saxa Rubra al Transatlantico di Montecitorio, era Angelo Polimeno e basta. Poi, in concomitanza con le ultime Politiche, è spuntato il nome dell’antenato. Polimeno, infatti, è nipote di Giuseppe Bottai, ex gerarca fascista che durante il Ventennio fu ministro delle Corporazioni e dell’Educazione nazionale, nonché governatore di Addis Abeba, salvo poi mettere in minoranza Mussolini il 25 luglio 1943. E i più maliziosi a Saxa Rubra vedono in questa tardiva riscoperta delle origini un modo per farsi notare dalla destra sovranista ora giunta al potere a Viale Mazzini. Insomma, con l’aria che tira, certe origini meglio evidenziarle.
Ma che Polimeno, con o senza l’aggiunta Bottai, venga da quell’area – prima in quota An e poi Fratelli d’Italia – è cosa nota. Nato professionalmente al Tempo di Gianni Letta, poi preso da Bruno Vespa a Porta a Porta, Polimeno arriva al Tg1 nel 2002 sotto la direzione di Clemente Mimun. E il suo raggio d’azione è sempre stato il centrodestra: An, il Pdl, Forza Italia, Gianfranco Fini prima come presidente della Camera e poi come dissidente di Berlusconi. Dai colleghi viene descritto come persona assai riservata, quasi sottotraccia, un gentleman, cui però è meglio non mettere i piedi in testa. Il giornalista, infatti, non è nuovo a scatti del genere. Tra il 2010 e il 2011, sotto la direzione di Augusto Minzolini, ebbe un acceso diverbio con Francesco Giorgino, all’epoca caporedattore di line. Polimeno accusava Giorgino di non saper gestire il lavoro e di emarginarlo. Anche in quel caso furiosa litigata e rissa sfiorata in redazione. L’indagine dell’audit, però, diede ragione a Giorgino.
Ora ci risiamo. E nel suo diverbio con Carboni qualcuno ci vede una strategia precisa: marcare il territorio e fare da sponda alla Lega nella sua azione di assedio al direttore indicato dai 5Stelle. Nel frattempo, da cronista politico, ha scritto libri. Il suo ultimo lavoro, Alto tradimento, racconta come, tra euro e privatizzazioni, l’Italia sia stata svenduta.