Adesso che “tutto è più chiaro”, ora che agli occhi dei 5 Stelle di governo è diventato “plastico” che “quando certe cose non le abbiamo capite, abbiamo fatto bene a metterci di traverso”, i ricordi riaffiorano. E si mettono insieme i pezzi di questo anno a Palazzo Chigi con Armando Siri. Maggio 2018. Lega e M5S sono al tavolo per la stesura del Contratto di governo. La composizione dell’esecutivo è ancora lontana. Ma Siri, l’ideologo della flat tax che segue le politiche fiscali per conto della Lega, è tra coloro che più insistono per ammorbidire i requisiti di nomina per ministri e sottosegretari. Lui, d’altronde, ha patteggiato per bancarotta e (come leggete a pagina 3 del Fatto in edicola oggi) anche per la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. Alla fine il codice etico con l’elenco dei reati che sbarravano la strada alla nomina non lo lascia fuori. “Ma Siri era molto attento, invocava maglie larghe” sostiene un big 5 Stelle.
Luglio 2018. Al ministero per lo Sviluppo economico, dove è aperto il dossier sulle Rinnovabili, arriva la richiesta di Siri, che nel frattempo è diventato sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti: vuole una modifica al decreto ministeriale del 2016 che stabilisce quali impianti possono avere accesso alle “tariffe incentivanti”, allargando la platea a chi non ha rispettato il termine per la presentazione dei documenti al Gestore dei servizi energetici. Il gabinetto del ministro Luigi Di Maio lo giudica una “sanatoria” e lo accantona. Siri insiste e per quattro volte trova un muro: il capo di gabinetto Vito Cozzoli e la sua vice Elena Lorenzini, il sottosegretario Davide Crippa, l’allora direttore generale del mercato elettrico, Rosaria Romano. Tutti gli rispondono che quella norma non si può inserire. Anche perché, dicono nel M5S, “ogni volta che ci contatta Siri alziamo l’attenzione del 1000 per cento”.
Agosto 2018. Stefano Besseghini diventa presidente dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera). Il via libera arriva dopo una “lotta mostruosa” che i sottosegretari 5 Stelle Davide Crippa e Stefano Buffagni hanno dovuto “tenere con i denti”. La Lega voleva per quel posto Paolo Arata, ora accusato di aver corrotto Siri. Dicembre 2018. La legge di Bilancio è all’esame del Senato. Siri ripropone la richiesta sugli incentivi. L’emendamento è firmato dal capogruppo della Lega a Palazzo Madama, Massimiliano Romeo. “Quando leggiamo quel nome drizziamo sempre le antenne – raccontano oggi da Chigi – perché sappiamo che è una richiesta che arriva dall’alto, direttamente dal partito”. Prima della bocciatura politica, però, arriva il parere negativo dei tecnici del ministero dell’Ambiente, secondo i quali “si sposta in avanti un termine per l’applicazione agli impianti a fonti rinnovabili di tariffe incentivanti più vantaggiose. Così si registrerebbe un impatto negativo sulle bollette per riconoscere un vantaggio ad impianti comunque già entrati in servizio”. Siri e la Lega non mollano: chiedono che il parere del ministero venga riformulato. Ma arriva lo stop del ministro dei Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro, che stava “scremando” gli emendamenti alla manovra. Lo stesso fanno il sottosegretario Crippa e la viceministro Laura Castelli quando il pressing della lobby dell’eolico arriva anche sul Milleproroghe.
Marzo 2019. Scoppia la crisi sul Tav, che per il Movimento è il male e per il Carroccio una grande opportunità. La Lega preme, e parla apertamente della necessità di nominare un commissario alle grandi opere, cioè di commissariare il ministro alle Infrastrutture dei 5Stelle Danilo Toninelli. “Secondo me sarebbe una soluzione di buon senso, ci eviterebbe una via crucis”, afferma Siri in radio a Mattino 24, l’11 marzo. E ora un graduato del M5S racconta: “I più accreditati dal Carroccio per quell’incarico erano proprio lui, Siri, e l’altro sottosegretario Edoardo Rixi”. Il Movimento però fa muro, e Max Bugani lo dice a L’aria che tira il giorno dopo, il 12 marzo: “Non arriverà nessun commissario Basettoni a commissariare il Mit”.