“Macché ubriaco in aeroporto, ero perfettamente sulle mie gambe, mi è stato impedito di salire per un litigio con uno steward, in seguito al quale il comandante ha deciso di non imbarcarmi, ed ora sono in America Centrale. Su di me, l’ennesima fake news”. Antonio Ingroia smentisce la notizia finita su siti e giornali il giorno di Pasqua: lui ubriaco e quasi privo di sensi in una saletta dell’aeroporto Roissy di Parigi, quindi fermato dal personale della compagnia aerea francese e obbligato a rimpatriare in Italia.
“Ora sto proseguendo il viaggio che avevo programmato, sia pure con un giorno di ritardo: ho dovuto pernottare a Parigi e ricomprare il biglietto aereo, tutto a mie spese”, spiega al Fatto l’ex pm della Trattativa Stato-mafia. “A proposito, non so se la pubblicazione di questa fake news proprio il giorno dell’anniversario della sentenza della Trattativa sia stato casuale. Di certo ha ridato fiato ai nemici di quel processo, come Vittorio Sgarbi, che ne hanno approfittato per accanirsi contro di me. Stiano tranquilli, non mi spaventerò per così poco: le mie battaglie per verità e giustizia sui casi Manca e Vassallo, sulla ‘ndrangheta stragista e la Trattativa in Italia, per Rafael Correa e Assange in America Latina e nel mondo, continueranno”.
Però cominciamo dall’inizio: lei che ci faceva a Parigi? Ed è vero che stava rientrando in Italia?
Parigi era uno scalo tecnico del mio viaggio transoceanico da Roma all’America Centrale, dove mi trovo ora e dove resterò per qualche giorno. Quindi non è vero, come hanno scritto i giornali, che stavo tornando in Italia e che sono stato impacchettato e rispedito in patria dopo essere quasi svenuto. A leggere certa disinformazione, forse strumentale, mi viene una battuta: più lontano sto dall’Europa, meglio sto.
Scusi, ma è vero che è stato costretto a non prendere l’aereo?
Sì. L’unica notizia vera diffusa. Ma è falso il motivo. Sono stato fatto sbarcare a causa di un litigio con un membro dell’equipaggio.
Ci spieghi tutto.
Ero stanco e alterato. Non un’alterazione alcolica, badi bene. Ero nervoso. Sveglia nella notte, uscita di casa alle 4 e mezza del mattino, volo Roma-Parigi all’alba, poi questo scalo tecnico, il primo ritardo, il secondo ritardo, finalmente l’imbarco alle 12.30, poi uno dell’equipaggio mi segnala che il mio posto era occupato, poi un’altra comunicazione di un ulteriore ritardo di un’ora al gate. Dopo aver compreso che il pranzo in aereo era saltato, vado al ristorante dell’aeroporto, mangio e bevo un paio di calici di vino. Torno all’imbarco per la seconda volta. Litigo di nuovo con lo steward sull’assegnazione del posto, io ritengo particolarmente grave la sua maleducazione e gli rispondo per le rime, alzo la voce.
In che lingua avete litigato?
In francese. Il mio, forse, non correttissimo. Lui ovviamente fa finta di non capire e assume un atteggiamento ulteriormente provocatorio, quando ormai siamo già dentro l’aereo. Invoco il comandante, chiedo il rispetto dei diritti del passeggero. Il comandante preferisce prendere le parti del suo steward. E io mi arrabbio di brutto.
E poi cosa succede?
Il comandante mi dice che in quelle condizioni non può farmi partire. Mi dice che sono alterato, che ho bevuto. Io gli rispondo che ho bevuto solo un paio di bicchieri al pranzo che per colpa dei loro ritardi ho dovuto consumare in aeroporto. Ma lui insiste. Ed insisto anche io: “Da qui non mi muovo”. E abbiamo chiamato la polizia.
Ha provato a chiarirsi con loro?
Macché. È stata solo una manfrina per far partire subito un aereo troppo in ritardo. La normativa attribuisce al comandante poteri quasi dittatoriali dietro al feticcio della minaccia della sicurezza del volo e c’è stato poco da fare. Peraltro nessuno ha avuto il coraggio di dirmi in faccia che ero ubriaco, mi ripetevano solo “lei ha bevuto e quindi costituisce una minaccia alla sicurezza”. Ma cosa? Due bicchieri a tavola? Nelle categorie business si beve champagne a litri, che ipocrisia!
Chi può testimoniare che lei non era ubriaco?
I funzionari dell’ambasciata ai quali ho chiesto aiuto e che sono venuti in aeroporto e poi gli altri passeggeri. Possono confermare che ero sulle mie gambe, tutt’altro che ubriaco fradicio come hanno scritto. Molto arrabbiato, questo sì.
Che riflessione ha fatto dopo la lettura dei giornali?
Mi ha indignato l’aver preso per buona la manipolazione dei fatti contro un cittadino italiano maltrattato da una compagnia straniera, senza prima interpellarlo. Cosa grave per un qualsiasi cittadino normale. Ma forse Ingroia per loro non è un cittadino normale.