Le vertenze sui crac bancari del 2015-17 tengono banco nelle aule di giustizia ma l’infinito avvitamento di procedure, termini, competenze dimostra quanto sia ancora lunga e ardua la via per ottenere giustizia, in assenza di una procura nazionale per i reati finanziari con competenze specifiche e professionisti specializzati. Un’odissea che potrebbe concludersi con la beffa della prescrizione per i collassi datati 25 giugno 2017 della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, che ha distrutto 11 miliardi di risparmi di 210mila azionisti e migliaia di bondisti subordinati.
Nei giorni scorsi, i pubblici ministeri Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori della procura berica hanno chiesto l’archiviazione per 17 ex consiglieri, tre ex sindaci e per l’ex direttore generale di BpVi, indagati per ostacolo alla vigilanza, aggiotaggio e falso in prospetto. I magistrati non sono riusciti a raccogliere prove sufficienti. Il 24 gennaio a Mestre si è tenuta la prima udienza del processo all’ex presidente Gianni Zonin, l’ex consigliere Giuseppe Zigliotto, insieme all’ex responsabile finanza Andrea Piazzetta e all’ex dirigente contabile Massimiliano Pellegrini, oltre ai vicedirettori Emanuele Giustini e Paolo Marin (e allo stesso istituto di credito, in qualità di responsabile civile) per aggiotaggio, ostacolo alle autorità di vigilanza e falso in prospetto.
Un procedimento monstre, con oltre 9mila parti civili e più di 200 avvocati, che il presidente del collegio giudicante Lorenzo Miazzi conta di chiudere “al massimo” in due anni. Per l’ex dg Samuele Sorato il 30 aprile si è svolta la nuova udienza preliminare e un’altra è in calendario per il 13 giugno. Il 10 gennaio il Tribunale di Vicenza ha dichiarato stato di insolvenza di BpVi: può essere ora contestata la bancarotta fraudolenta, un reato con termini di prescrizione più lunghi, ma i legali di Zonin hanno già preannunciato ricorso in appello. Intanto il 19 dicembre al tribunale delle imprese di Venezia è iniziata la causa civile per l’azione di responsabilità per circa due miliardi intentata contro Zonin, i consiglieri, i sindaci, l’ex direttore generale e i vice dg.
In parallelo si svolgono le vicende penali di Veneto Banca. Il 9 aprile gli indagati per ostacolo alla vigilanza nel crac dell’ex Popolare di Montebelluna sono calati da undici a quattro. La Procura di Treviso si accinge a chiedere il rinvio a giudizio per l’ex amministratore delegato Vincenzo Consoli, l’ex vicepresidente Flavio Trinca, l’ex condirettore generale Mosè Faggiani e l’ex responsabile dell’amministrazione centrale, Stefano Bertolo. Per l’ex ad Consoli la richiesta di rinvio a giudizio è anche per falso in prospetto. Il 27 giugno 2017 la procura di Roma aveva chiesto il rinvio a giudizio di Consoli, Trinca e altri nove ex amministratori e manager per le irregolarità nella gestione dal 2012 al 2014 con l’accusa di ostacolo alle autorità di vigilanza. All’ex amministratore delegato veniva addebitato in concorso con Trinca e con i sindaci Diego Xausa e Michele Stiz anche l’aggiotaggio, ma la posizione di questi ultimi due va verso l’archiviazione. A Treviso Consoli era indagato anche per estorsione e truffa nella vicenda dell’acquisto di Banca Intermobiliare del 2008. Ma il 27 marzo 2018 – a quattro mesi dall’inizio del processo – Roma aveva riconosciuto la propria incompetenza territoriale trasmettendo il procedimento a Treviso.
Il 27 giugno 2018 poi il Tribunale di Treviso aveva dichiarato lo stato di insolvenza di Veneto Banca e la Procura aveva avviato un’indagine per bancarotta per distrazione. Intanto lo scorso 8 febbraio la Procura di Verbania ha chiesto 41 rinvii a giudizio tra ex vertici e ex dipendenti con l’accusa di truffa aggravata per il “misselling” nei collocamenti delle azioni dal 2012 al 2016. L’udienza preliminare è fissata il 15 maggio. Il 3 ottobre al tribunale delle imprese di Venezia ha poi preso il via l’azione di responsabilità da 2,3 miliardi contro gli ex vertici di Veneto Banca che, secondo alcuni osservatori, potrebbe durare anni.