Dopo essere diventato famoso con la sua intervista a Le Iene di domenica nella quale punta il dito contro il suo ex amico Roberto Izzo, ex comandante della stazione dei Carabinieri di Ladispoli, Davide Vannicola, commerciante di borse artigianali a Tolfa, patria della cosiddetta “catana”, non ha ricevuto inviti dai pm di Civitavecchia.
Eppure ha accusato in tv un maresciallo dei carabinieri di aver mentito ai giudici sul caso di Marco Vannini, il ventenne ucciso da un colpo di pistola (e dai ritardi dei soccorsi dovuti alle bugie dette al 118) a casa della fidanzata, Martina Ciontoli, nel maggio 2015 dal padre di lei, Antonio Ciontoli. Vannicola svelava confidenze sconvolgenti di Izzo. Il Fatto è salito nel villino di Vannicola, circondato dai cani e dalla bella campagna di Tolfa, vicino a Civitavecchia, per raccogliere il suo racconto, negato a Le Iene da Izzo, che a noi ha risposto: “Non posso rilasciare dichiarazioni”.
Da quando conosce Izzo?
Dal 2005 e siamo stati grandissimi amici. Lui ha portato mia moglie all’altare e aveva messo la residenza a casa mia per un periodo, anni fa, anche se abitava altrove. Lavorava in Procura ed era un collaboratore della dottoressa D’Amore, che poi nel 2015 ha fatto le indagini sul caso Vannini. Avevano un rapporto molto stretto nel periodo che va dal 2010 al 2012. Roberto si vantava di questo rapporto e me l’aveva presentata. Izzo andò via dalla Procura nel 2012 ma diceva che si sentivano sporadicamente.
Quando le parlò la prima volta di Antonio Ciontoli?
Lui era sempre stato fissato con i servizi segreti. Un giorno all’inizio del 2015 mi disse: ‘Ho conosciuto la persona giusta che mi ha promesso di farmi entrare, una volta che vado in pensione’. Poi mi chiamò, dicendomi che mi avrebbe portato questo amico a cui avrei dovuto fare una borsa, in tempi stretti, perché ‘lui ci lavora, ci mette dentro le carte, la pistola’. Poi sono venuti insieme e mi ha presentato Ciontoli.
Quando le fece la confidenza che ha raccontato alle Iene?
Sarà stato settembre del 2015. Mi venne a trovare in negozio e mi chiese di accompagnarlo in auto. Lo vedevo un po’ strano, pensieroso. Mi disse: ‘Amico mio, forse ho fatto un casino, un bel guaio’. Gli ho chiesto cosa fosse successo e lui mi ha risposto: ‘Ti ricordi il Ciontoli? Il caso Vannini? Il Ciontoli, l’amico che ti avevo presentato… la sera dell’omicidio mi ha chiamato chiedendomi aiuto perché la famiglia aveva fatto un guaio, avevano sparato a Marco’. Io ho risposto: ‘Ma perché scusa, non è stato Antonio? Così dicono nei telegiornali…’. Lui mi disse: ‘No, non stanno così le cose’.
E cosa le disse poi Izzo ?
Io chiesi: ‘Ma tu che c’entri?’. E lui: ‘Quando Antonio Ciontoli mi ha chiamato quella sera, mi ha chiesto un consiglio su come doveva comportarsi. Io ho dovuto riflettere, ma ho pensato forse per troppo tempo e ho paura che quella riflessione possa avere avuto un’influenza sulla morte di Marco. Dopodiché lui mi ha richiamato e mi ha chiesto di raggiungerlo al Pit (pronto intervento) dove nel frattempo era stato portato Marco Vannini. L’ho fatto, lì ci ho trovato anche Federico… mancava la moglie, la sorella, la ragazza di Federico… sono arrivati dopo. Stavano a casa’. Io gli dissi: ‘Ma come dopo un colpo di pistola sono stati lasciati liberi d restare a casa?’ E lui mi disse: ‘Che ti devo dire, è andata così. Mi ha fatto capire che se erano rimaste a pulire lui non poteva farci niente. Mi ha raccontato la vicenda, ed era commosso, si è messo a piangere in macchina. Poi siamo andati a mangiare e non ne ha più parlato.
Chi aveva sparato?
Mi ha fatto capire che era stato il figlio, ma gli aveva consigliato di addossare la colpa al padre perché stando nei servizi segreti poteva avere uno sconto di pena. Mi ha detto chiaramente che ha consigliato a Ciontoli di prendersi la colpa, ‘come aveva fatto nel mio caso’.
In che senso?
Una volta i carabinieri vennero a cercare una pistola non denunciata a casa mia. Spontaneamente la consegnai. Chiamai il mio amico Izzo e mi disse: “Ce l’hai un papà? Dai la colpa a lui. Tanto ha 70 anni, non gli fanno nulla, non si farà un giorno di galera”. Si riferiva a questa storia quando nel 2015, parlando di Ciontoli, disse: ‘Ti ricordi cosa ti ho detto quando stavi nei guai? La stessa cosa ho consigliato a Ciontoli. Pari pari. Il figlio è giovane, ha una carriera davanti, mentre lui è protetto perché lavora nei servizi.
Perché non ha parlato ai carabinieri o con la Procura?
Non ho avuto belle esperienze con i carabinieri e con la Procura di Civitavecchia. Mi sono fidato delle Iene.
Ora cosa si aspetta ?
Io spero che comunque la magistratura mi ascolti e che non ci siano ritorsioni.