Roma

Zingaretti nomina Miller, l’unico pm che piaceva a Berlusconi

Intramontabili - Sarà commissario della Ipab Santa Margherita per sei mesi. Nel 2009 Verdini voleva candidarlo in Campania

11 Maggio 2019

Fu la toga castiga toghe per eccellenza. Un ex pm di Napoli nominato capo degli ispettori del ministero di Giustizia in tre diversi esecutivi: chiamato nel 2001 da Roberto Castelli, governo Berlusconi, confermato da Clemente Mastella, governo Prodi, e riconfermato da Angelino Alfano, nell’ultimo governo del Cavaliere. Dieci anni a fare le pulci agli uffici giudiziari di trincea, a Trani, Milano, Catanzaro. E poi a pranzo con gli uomini finiti indagati nell’inchiesta sulla cosiddetta P3, Denis Verdini e Marcello Dell’Utri, che pensarono a lui per la presidenza della Campania in quota Pdl. E ora rieccolo, Arcibaldo Miller. Ricompare tra le pieghe del bollettino ufficiale della Regione Lazio.

Il governatore Pd Nicola Zingaretti lo ha nominato commissario straordinario per sei mesi dell’Ipab (Istituto Pubblica Assistenza e Beneficenza) Santa Margherita. Si tratta di un istituto inserito nel cuore di Roma, sull’Aventino, un centro di accoglienza e di servizio per gli anziani, con diversi immobili di proprietà tra appartamenti e negozi. Miller dovrà tenere in ordine le cose e riesaminare qualche carta, in attesa che il Tar dipani la matassa dell’impugnazione della privatizzazione dell’istituto. È un incarico che Miller, fino a qualche anno fa sostituto procuratore generale a Roma, accetta non certo per arricchirsi: circa 2.000 euro lordi al mese e il rimborso delle spese documentate.

Come tecnico Miller è stato voluto e apprezzato a destra e a sinistra. Oltre dieci anni fa i forzisti avrebbero voluto candidarlo a sindaco di Napoli contro Rosa Russo Iervolino, poi il partito di Berlusconi ripensò per un attimo a lui come governatore del dopo Bassolino. La candidatura che davvero decollò fu la prima: “La possibile candidatura a sindaco di Miller, come indicata da Berlusconi, va nel senso da noi sempre auspicato di preferire una personalità esterna ai partiti”, dissero nel 2005 Maurizio Iapicca e Gianfranco Laurini, all’epoca vicecoordinatore campano e commissario napoletano di Forza Italia.

Si sarebbe votato di lì a pochi mesi, ma Miller fu abbattuto dal fuoco amico dei fratelli Antonio e Fulvio Martusciello e restò a disporre ispezioni nelle procure.

Il suo nome poi finì senza mai essere indagato nelle carte dell’indagine sulla P3, per un pranzo a casa di Denis Verdini del 29 settembre 2009. Nicola Cosentino era azzoppato dalle inchieste di camorra, e una delle ragioni dell’appuntamento conviviale fu quella di sondare la disponibilità del magistrato. A tavola erano seduti tra gli altri il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, Marcello Dell’Utri e Flavio Carboni.

“Miller era la persona più idonea, la persona ideale di Verdini” dirà a verbale Carboni (condannato in primo grado a sei anni e sei mesi per l’associazione segreta, accusa dalla quale Verdini viene assolto, condannato però a un anno e tre mesi per un finanziamento illecito). Come ricostruito nelle motivazioni della sentenza sulla P3, Miller dichiarò una disponibilità generica alle avances di Verdini e soci ma “pose una serie di condizioni cui subordinò il proprio assenso, condizioni che – come comunicatogli in seguito – non furono ritenute praticabili, con conseguente rinuncia dell’interessato”. È un riassunto della sua deposizione. Per i giudici, quel gruppo voleva ‘cooptare’ Miller per trarne benefici ma lui se ne divincolò. Dieci anni dopo quella sliding doors si ritrova a fare il commissario del Santa Margherita. Da Verdini a Zingaretti, sono i casi della vita.

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