“Grande è la confusione sotto il cielo”, come diceva Mao Tse- Tung. E “mancano le basi del mestiere”, come diceva Mario Brega. A una settimana dalle elezioni europee, ecco un breve dizionarietto di quel poco che ci abbiamo capito noi.
Sovranismo. Termine usato per definire i politici che difendono gl’interessi del proprio Paese, fregandosene degli altri. Dunque Trump, Farage, Le Pen, Orbàn e i suoi compari di Visegrad, Salvini, Meloni e ogni tanto Di Maio. Resta da capire in cosa differiscano da Macron, Merkel, Sanchez, May &C., che difendono gl’interessi dei propri Paesi esattamente come gli altri, con tanto di frontiere chiuse ai migranti e deroghe alle regole Ue. L’impressione è che siano tutti sovranisti in casa propria ed europeisti e solidali in casa d’altri.
Populismo. Termine usato per definire i politici che promettono l’impossibile per prendere più voti e poi, finita la campagna elettorale, fanno quel poco che possono e, se qualcuno protesta, danno la colpa agli altri. Cioè Trump, Le Pen, Orbàn, Di Maio, Salvini e Meloni. Resta da capire in cosa differiscano da Obama, Cameron, Sarkòzy, Renzi, B.&C., che promettevano mari e monti e poi, finita la campagna elettorale, han fatto meno di ciò che potevano per poi dare la colpa agli altri. L’impressione è che siano tutti populisti per prendere voti e poi, se non riescono a prenderli o a conservarli, diano del populista a chi ci riesce.
Fascismo. Termine usato dagli storici per designare un’ideologia autoritaria o totalitaria degli anni 20-40 del secolo scorso, nata in Italia con Mussolini e dilagata in Europa con Hitler, Franco e altri dittatori di estrema destra, con tragedie immani dalla Shoah in giù e scie di imitatori e nostalgici qua e là nel mondo, e poi dagli anni 70 dalla sinistra per scomunicare chiunque non sia di sinistra. Ora in Italia si tende ad affibbiarlo a Salvini per le frequentazioni di estrema destra e il linguaggio truculento contro i migranti. Purtroppo il fascismo durò 21 anni, mentre per fortuna Salvini si sta già sgonfiando. Purtroppo nel governo Mussolini, sedeva il meglio della cultura dell’epoca (Gentile, Rocco, Bottai, De Stefani, Grandi), mentre per fortuna la classe dirigente salvinista è fatta di Siri, Rixi, Centemero (tutti indagati) e Borgonzoni (che non legge libri da tre anni e se ne vanta). Perciò Salvini spera di essere scambiato per il Duce, ma ci cascano in pochi. A parte i presunti nemici.
Diritto di critica. La libertà di espressione, garantita dall’art. 21 della Costituzione, tutela sia chi applaude sia chi critica il potere. Dunque non basta che un editore sia fascista e pubblichi un libro-intervista a Salvini per escluderlo dal Salone del Libro. L’editore di CasaPound aveva tutto il diritto di esporre i suoi libri (anche se poi l’ha perduto quando s’è messo a fare apologia di fascismo, vietata dalla legge). A maggior ragione, chi critica Salvini con striscioni (“Felpa Pig”, “Siamo una città accogliente, quindi vattene”, “Vai a lavorare”) o lo sbeffeggia con selfie, ha il sacrosanto diritto di farlo e le forze dell’ordine non devono permettersi di entrare in casa sua o nel suo iPhone per farglieli levare, altrimenti il reato lo commettono loro. Altra cosa è istigare alla violenza (dire “Ammazzate Salvini”), ma slogan così non ne risultano (salvo nelle fogne del web). Spetta al ministro dell’Interno diffidare le forze dell’ordine dall’abusare del loro potere in suo favore contro chi esercita un diritto.
Leggi razziali. Norme infami varate dal nazismo e dal fascismo negli anni 30, che produssero le persecuzione, le deportazioni e lo sterminio di oltre 6 milioni di ebrei, zingari e gay. Per fortuna, nessuna legge lontanamente simile, cioè discriminante per etnia o inclinazioni sessuali, è mai stata varata in Italia. E, se qualcuno la tentasse, il Quirinale la respingerebbe e la Corte costituzionale la casserebbe. Il primo dl Sicurezza di Salvini è in parte assurdo e controproducente, moltiplica gli immigrati clandestini ed è ancora sub judice della Consulta. Il secondo, annunciato da Salvini ma stoppato da Conte e M5S per varie incostituzionalità e sgrammaticature, è ancor più demenziale, ma non discrimina alcuno. Giusto, come rivendica la prof di Palermo, lasciar liberi gli studenti di paventare un ritorno agli anni 30 e assurdo sospendere lei: purché, quando torna, insegni loro che cosa furono la Shoah e le leggi razziali, per evitare di banalizzarle con paralleli impropri.
Fake news. Termine à la page per indicare le notizie false, usato da chi le diffonde in tv e sui giornali per criminalizzare chi le diffonde sul web. Non esistendo però alcun tribunale autorizzato a stabilire la Verità, nessuno deve permettersi di chiudere o invocare la chiusura di tv, giornali, siti e pagine web col pretesto delle fake news. Che si combattono non con la censura, ma con l’informazione corretta e il fact checking.
Giustizialismo. Termine nato dalla crasi giustizia-socialismo per definire la politica di Peròn nell’Argentina degli anni 40-50, viene usato in Italia per squalificare chi pretende il rispetto della legge da parte delle classi dirigenti e pene severe per chi la vìola. Viene opposto a “garantismo”, di cui si ammantano abusivamente i tifosi dell’impunità. Sarebbe “giustizialismo” la decisione di Conte e M5S di sfiduciare il sottosegretario Siri che usa le sue funzioni per favorire un amico: ma quella si chiama sanzione politica contro i conflitti d’interessi. Sarebbe invece “garantismo” la decisione della governatrice umbra del Pd Marini, indagata nel mega-scandalo della Sanità, di ritirare le dimissioni e del Pd regionale di confermarle la fiducia: ma quello si chiama tafazzismo. Anzi, pirlismo.