Domenica sera, lo show del Matteo Salvini smentito in diretta tv a Non è l’Arena, ci ha detto alcune cose sugli strumenti che ha la democrazia per far ritornare sulla terra i palloni gonfiati.
Primo: l’informazione. In passato, spesso intervistatore compiaciuto e ammiccante del vicepremier leghista, questa volta Massimo Giletti si è calato nei panni del giornalista che becca la notizia, la tiene in pugno e non la molla cascasse il cielo.
La sequenza alternata del ministro degli Interni categorico (“dalla Sea Watch non sbarca nessuno”) e del conduttore incalzante che gli legge in diretta le agenzie che danno conto dello sbarco in corso, resta televisivamente imperdibile. E rappresenta un esempio di come i media possano svolgere un importante servizio pubblico semplicemente ponendo all’autorità di turno una, due, tre, quattro, cinque volte la stessa domanda. Senza accontentarsi della stessa risposta.
Secondo: la magistratura. Il Procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio ha disposto lo sbarco dei 47 migranti a bordo, non in preda a una crisi acuta di buonismo o perché foraggiato da Soros ma in conseguenza del sequestro probatorio della Sea Watch 3 per violazione dell’articolo 12 del testo unico sull’immigrazione che contrasta gli ingressi illegali. Anche in questo caso il ministro si mostra all’oscuro di tutto. Sembra ignorare norme e procedure che gli dovrebbero essere familiari (alcune portano la sua firma). Come se considerasse il potere giudiziario, un fastidioso ingombro se non addirittura un ostacolo all’esercizio di un potere (il suo) che egli considera evidentemente illimitato e inappellabile.
Terzo: il ministro. Rubizzo e con gli occhi lucidi sembra febbricitante (in questo caso auguri di pronta guarigione) ma non rinuncia ad ergersi come un misirizzi in delirio di onnipotenza.
Senza rendersi conto che più rivendica sconfinate potestà (“io governo il paese”) e più si sta ficcando in una trappola micidiale. Quando se ne accorge simula risate di cuore e forse si appresta a mandare i consueti bacioni, senonché viene impallato dalle implacabili immagini di una motovedetta della GdF con a bordo i migranti sani e salvi. Di nuovo s’incupisce e minaccia (“finché il ministro sono io”), poi comincia a menare colpi al buio. Prima contro l’incolpevole collega Danilo Toninelli (“lo spieghi agli italiani”) ma quando Rocco Casalino portavoce di palazzo Chigi (dove qualcuno si gode la scena) smentisce interventi di ministri 5 Stelle, si avventa deciso sul pm. Ignaro della dinamica degli eventi, compulsa nervosamente il cellulare che immaginiamo sordo (il numero da lei selezionato…), e infine si rifugia sul classico (“ se intende fare il ministro si candidi alle elezioni”). Salvo che all’indomani, forse rinfrancato dalla tachipirina, rivendica come una sua vittoria personale l’intervento della magistratura. Uno spettacolo.
Il pubblico. Ma chi governa sto’ paese? Lo avranno pensato in molti osservando il ministro preposto alla sicurezza dei cittadini scavalcato dagli accadimenti proprio sul terreno (anzi sulle acque) di cui si proclama demiurgo supremo. Seguono le seguenti riflessioni. Allora è vero che al Viminale non ci sta mai. Allora non è vero che ha chiuso e sigillato i porti. Vuoi vedere che è finto anche il rosario?