All’Autorità di regolazione dei Trasporti (Art) non piace la soluzione trovata dal ministro Danilo Toninelli per completare l’autostrada Asti-Cuneo con la costruzione della decina di chilometri mancanti. In un documento riservato di 12 pagine inviato al ministro, che il Fatto ha visionato, l’Art elenca quelle che considera evidenti criticità dell’accordo raggiunto con i concessionari dell’autostrada, il gruppo Gavio per il 65%, Anas per il resto.
La più clamorosa di queste criticità è che il peso preponderante dell’operazione viene scaricato sugli automobilisti della Asti-Cuneo e anche della Torino-Milano che è l’altra grande autostrada dei Gavio coinvolta nell’affare attraverso un finance crossing, un incrocio finanziario. A beneficiare di questa impostazione è soprattutto il gruppo Gavio che di fatto ottiene dal ministro dei Trasporti forse più di quanto stesse ottenendo dal precedente ministro Pd, Graziano Delrio. E non si tratta di spiccioli, ma di centinaia di milioni di euro.
L’accordo tra ministro e Gavio si basa su 5 punti. Il primo è la conferma della scadenza nel 2026 della concessione per la tratta Torino-Milano alla società Satap dei Gavio. Il secondo punto riguarda la scadenza della Asti-Cuneo che viene invece allungata di 10 anni, al 2045. Il terzo punto regola il finanziamento incrociato: i 350 milioni necessari per il completamento della Asti-Cuneo vengono tirati fuori dai Gavio attraverso la Satap Torino-Milano ed entrano a far parte del Piano economico finanziario (Pef) di quest’ultima nonostante le due autostrade non siano affatto contigue. Il quarto punto regola gli investimenti già effettuati sulla Asti-Cuneo (280 milioni) che vengono conteggiati nel nuovo Pef della Torino-Milano. L’ultimo punto prevede il completo ammortamento di 630 milioni, cioè i 350 necessari per il completamento della Asti-Cuneo più i 280 per le opere già realizzate.
Tutto questo si traduce in una struttura tariffaria così concepita: nessun incremento sulla Torino-Milano da oggi al 2022 e un incremento del 2,5% dal 2023 al 2026. Sulla Asti-Cuneo, invece, nessun incremento da oggi fino al 2021 compreso e poi un aumento dell’1,9% per 24 anni di fila. Infine la ciliegiona sulla torta: un tasso di remunerazione del capitale investito del 7,3% sia per la Torino-Milano sia per la Asti-Cuneo. E poi 812 milioni di euro riconosciuti alla Satap Torino-Milano come valore di subentro, soldi che lo Stato tra 7 anni dovrà dare ai Gavio per riprendersi la concessione, se volesse farlo. O che dovranno essere sborsati da chiunque volesse subentrare ai Gavio tramite un’eventuale gara.
Secondo l’Art “l’ingiustificato aggravio” per gli utenti della Torino-Milano e “la rilevante crescita dell’onere di subentro” impongono “una rivalutazione, almeno parziale, dello scenario proposto”. Di più: l’Art fa notare che il trasferimento a Satap Torino-Milano degli investimenti effettuati e di quelli necessari per completare l’Asti-Cuneo privano quest’ultima della “componente tariffaria di costruzione” azzerando di falo stesso riconosciuto nella remunerazione fissata al 7,3%. Di conseguenza dovrebbero esserci “rilevanti benefici tariffari per i relativi utenti”, che però non ci sono, anzi, sono previsti rincari dal 2023 in poi. Da una prima stima sommaria i pedaggi non dovrebbero crescere, ma rimanere fermi e forse diminuire.