C’è un’intercettazione che è una traccia importante della qualità “malavitosa” del sostegno elettorale a Franco Alfieri, indagato per voto di scambio politico-mafioso, candidato sindaco Pd di Capaccio Paestum al ballottaggio di dopodomani. Risale a fine gennaio 2018. Si stanno definendo le liste per le elezioni politiche. E il capo staff del governatore dem Vincenzo De Luca sta per essere candidato in quota Pd nel collegio uninominale della Camera nel Cilento. Il signore delle “fritture di pesce” è al telefono con Pasquale Mirarchi, all’epoca vicesindaco di Albanella. Mirarchi è l’uomo arrestato da candidato sindaco il 23 maggio scorso, tre giorni prima del voto, per il possesso di una pistola Taurus calibro 22 con la matricola abrasa. La Dia salernitana agli ordini di Giulio Pini lo stava perquisendo per una inchiesta su una presunta turbativa d’asta che lo vede indagato con il titolare di una impresa d’illuminazione, la Dervit.
Una ditta che ottenne un appaltone anche ad Agropoli, città dove Alfieri è stato primo cittadino per due mandati. Nella telefonata dell’anno scorso Alfieri e Mirarchi mostrano una certa confidenza. La Squadra Mobile di Salerno la trascrive e la consegna al pm anticamorra Vincenzo Montemurro, riassumendola così: il vicesindaco promette appoggio all’aspirante deputato e auspica incarichi per il futuro. Mirarchi a un certo punto dice ad Alfieri di essere un suo “figlioccio”. Col senno di poi, sono soddisfazioni.
E cosa ci fa questa intercettazione in un fascicolo della Dda? L’Antimafia ha indagato su un cartello di affari e di relazioni tra Mirarchi, la famiglia del boss 82enne Giovanni Marandino, colui che portò il verbo della Nco di Raffaele Cutolo tra Albanella e la Piana del Sele, e Roberto Squecco, imprenditore delle pompe funebri condannato a gennaio con sentenza definitiva a un anno e dieci mesi per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso a un rivale del settore. In primo grado col rito abbreviato ebbe una legnata di sei anni, e le 82 pagine di motivazioni firmate dal giudice Elisabetta Boccassini raccontarono scene da film di Scorsese: concorrenti minacciati nei bagni, con la testa nel vaso e la pistola alla tempia, per riscuotere prestiti ricalcolati con tassi usurai fino a ridurre allo stremo il debitore.
Mirarchi e Squecco, intercettati mentre progettano di assoggettare a un loro monopolio delle onoranze funebri i fiorai della zona, sono i due lati di un triangolo con Alfieri. Squecco, che la Cassazione ha bollato come organico ai Marandino, è titolare di uno stabilimento balneare di Capaccio, il lido-ristorante Kennedy. È il luogo dove nel 2013, grazie alla mediazione di Marandino che voleva “far cessare la guerra” e convincerli a una fusione delle loro imprese funebri, Squecco incontrò un imprenditore vittima, per discutere un accordo che non si chiuse. Alfieri ha scelto il lido Kennedy per l’inaugurazione a metà maggio della campagna elettorale. La pagina Facebook dello stabilimento è piena di locandine e di comunicati del candidato sindaco. C’è una spiegazione, che chiude il triangolo Alfieri-Squecco-Mirarchi: la moglie di Squecco, Stefania Nobili, si è candidata al consiglio in una delle otto liste di Mister Fritture. Ha raccolto 348 preferenze in Democrazia Capaccese ed è stata eletta. Anche in caso di sconfitta di Alfieri. La sentenza su Squecco ha però acceso i riflettori. È stata notificata al commissario prefettizio di Capaccio, che ha disposto la sospensione della concessione demaniale del lido, diffidando i gestori a svolgerci dei concerti già programmati. Vedremo cosa deciderà il futuro sindaco. Potrebbe essere Alfieri.