Stesso ufficio in centro a Milano, sei targhe, un solo citofono. “Ebrl” sta per Ente regionale lombardo delle agenzie viaggio e aziende ricettive all’aria aperta. Altri cinque enti sono appoggiati alla stessa sede di una palazzina in corso Buenos Aires 77. Solo in Ebrl siedono un presidente, il suo vice e due co-direttori. Cinque membri dell’assemblea, 4 del comitato direttivo e 6 di quello scientifico. Per finire, i tre del collegio sindacale. In tutto: 22 poltrone. Per quanti dipendenti? Zero. Sui suoi conti e sui compensi delle cariche nulla si può sapere. “Dobbiamo rispondere solo ai nostri associati, sindacati e parte datoriale”, risponde Luigi Maderna, 82 anni, presidente della Fiavet Lombardia, l’associazione degli agenti di viaggio. Se venissimo lì con un lavoratore che di tasca sua ci mette i contributi, magari senza saperlo? “Vi pare che possa perdere la giornata per uno che versa qualche decina di euro l’anno?”.
Comincia così il viaggio di FQ MillenniuM, il mensile diretto da Peter Gomez in edicola da domani, nel mondo opaco degli “enti bilaterali”, organismi paritetici fra sindacati e datori di lavoro previsti dalle centinaia di contratti collettivi finanziati con una trattenuta automatica dalla busta paga dei dipendenti. Piccole cifre che fanno milioni di euro e su cui nessun ente terzo esercita controlli. È solo una delle inchieste e degli approfondimenti del numero dedicato alla crisi dei sindacati, sempre più aziende di servizi – con contorno di privilegi e cooptazioni politiche – sempre meno rappresentanza di lavoratori.
In teoria gli enti bilaterali dovrebbero erogare ai lavoratori servizi di welfare complementare: per esempio, rimborsi per occhiali e il nido, forme di integrazione al reddito, corsi di formazione. Il problema, documenta il mensile, è che nella maggior parte dei casi lavoratori e imprenditori neppure sanno di quel prelievo e delle prestazioni gratuite cui avrebbero diritto. “Se solo potessi andare dieci minuti a Porta a Porta, a dire ai lavoratori “chiedeteci i servizi”, sbotta Marco Palazzo, direttore generale dell’Ente bilaterale Veneto e Friuli-Venezia Giulia, organismo del settore del commercio e turismo (Ebvf). Cosa succederebbe? “Tanti scoprirebbero che sono iscritti a un qualche ente senza saperlo e di avere diritto ai rimborsi per servizi che pagano da anni”. Palazzo ha 32 mila iscritti ma ne conosce solo 10 mila, due terzi non sa neppure chi siano perché, spiega, “emergono solo quando usufruiscono di un servizio”. Così il contributo per un po’ di welfare in più si trasforma in una tassa occulta sul lavoro, che finisce per mantenere una miriade di poltrone e, spesso, prestazioni non proprio risolutive: corsi di ikebana, bon ton, rimborso di concerti (per esempio Vasco Rossi all’Arena di Verona). Quando non si arriva a vere e proprie malversazioni con intervento della magistratura.
Non basta. Oggi nessuno sa quanti siano questi enti e quanto riscuotano. FQ MillenniuM ha contattato ministero del Lavoro, ministero dello Sviluppo economico, Inps e Agenzia delle Entrate. Nessuno è stato in grado di fornire dettagli. L’ultima ricerca sul fenomeno risale al 2013, con un aggiornamento nel 2016 che fissava il numero degli enti bilaterali a quota 436. Poi più nulla, perché quella ricerca era finanziata da fondi europei. Proprio così: per sapere quanti enti bilaterali ci sono Italia si è dovuto chiedere all’Europa.
L’inchiesta completa su FQ MillenniuM in edicola da sabato 8 giugno