Dopo un lungo sonno durato un anno durante il quale si era tenuto prudentemente alla larga dalle faccende del gioco che almeno in teoria gli competono, d’improvviso il ministro del Tesoro, Giovanni Tria, si è svegliato. Non per risolvere i mille guai che affogano il settore, un tempo macchina da soldi senza freni e oggi, invece, assai in confusione, soprattutto sul piano delle regole. Ma solo per incrementare le scommesse sia in termini di quantità di gioco sia per numero di puntate.
Non è chiaro chi gli abbia dato il fatidico bacio del risveglio sulla fronte. Le lobby nazionali del settore giurano di essere rimaste spiazzate pure loro dal cambio di passo ministeriale. Tria ha firmato a sorpresa un decreto ministeriale in cui introduce quello che in termini tecnici gli appassionati chiamano il cash out. La possibilità cioè di puntare più volte sullo stesso evento, incassando in anticipo parte delle vincite e continuando a puntare. Una manna per chi gode dell’azzardo, uno sberleffo alle ludopatie e un bel business per le due aziende inglesi presenti in Italia specializzate in quel tipo di gioco: Betfair e Bet 365.
La novità è stata inserita da Tria con tre righe: “Il concessionario ha facoltà di proporre al partecipante (il giocatore, ndr) il pagamento anticipato della scommessa a quota fissa, anche parziale, prima che l’ultimo degli eventi pronosticati si realizzi, pari a un importo di vincita offerto al partecipante e da esso accettato. Tale importo può essere inferiore all’importo scommesso”. In pratica chi scommette, per esempio, sul risultato di una partita di calcio, può decidere di non aspettare la fine del secondo tempo, ma dopo il primo tempo passare all’incasso. E può decidere di continuare a puntare sulla stessa partita utilizzando la somma incassata, se vuole. Della serie: vinco poco, ma rigioco. È una specie di moltiplicazione dei pani e dei pesci oppure, detto in altri termini, un’istigazione all’azzardo.
Ci sono due tipi di cash out, totale e parziale. Il cash out parziale permette al giocatore di incassare una vincita nel corso dello svolgimento dell’evento oggetto della scommessa. Se lo fa, poi può continuare a giocare con un nuovo biglietto a un nuovo prezzo e con un nuovo importo di vincita. Con il cash out totale il giocatore può invece decidere se riscuotere o meno una vincita inferiore alla potenziale vincita finale. Se al giocatore va bene, la sua puntata viene pagata con il messaggio “Cash out totale”. In pratica si ritira dalla scommessa accontentandosi a metà strada di una quota più bassa.
È facile prevedere che il nuovo sistema di scommesse avrà successo.
Nel frattempo restano, però, irrisolti i mille problemi che ingarbugliano il settore. In cima alla lista c’è la confusione delle norme, soprattutto per quel che riguarda gli orari di gioco e le distanze tra un punto e l’altro.
Grazie anche al mancato intervento di riordino di cui Tria avrebbe dovuto essere l’artefice, i giocatori e le aziende sono costrette allo slalom tra indicazioni diverse, in alcuni casi opposte, tra Regione e Regione e a volte tra Comune e Comune. In uno, per esempio, si può giocare fino alle 22 di sera, nel Comune accanto a quell’ora ti fanno la multa e così via. Ci sono Comuni che hanno imposto divieti di gioco assoluti nel raggio di centinaia di metri dai luoghi sensibili come scuole e ospedali. E altri che si dimostrano, invece, più tolleranti. È una Babele che non fa bene a nessuno.
Il governo passato era stato molto più pronto. Il sottosegretario Pier Paolo Baretta (Pd) aveva raggiunto un accordo con i concessionari incardinato su due punti. Il primo era la diminuzione delle macchinette mangiasoldi da 420 mila a 265 mila, che è stata fatta. L’altro punto avrebbe dovuto essere proprio il riordino complessivo del settore con nuove norme che attenuassero la confusione imperante. Sarebbe toccato a Tria occuparsene, ma probabilmente, preso da altre mille urgenze, non l’ha fatto.