Oltre la storica esibizione del potere, che pure ha ispirato cinema, romanzi, leggende, ci sono i viaggi di Maria Elisabetta Alberti Casellati che hanno scatenato una rivolta in Alitalia, stufa di registrare l’ennesimo ritardo per le bizze del presidente del Senato. Questo è un frammento d’Italia racchiuso nelle sdegnate relazioni che i capiscalo di Alitalia di Fiumicino e di Venezia hanno inviato all’azienda.
Fiumicino, principale aeroporto della capitale, mercoledì 12 giugno, volo Roma-Parigi delle 15:20, Palazzo Madama ha prenotato otto posti per la visita in Francia: Casellati più sei in prima classe e una sciagurata collaboratrice nel settore economico. Il presidente del Senato pasteggia nel salottino riservato di Alitalia, servita al solito tavolino che, su inderogabile richiesta, viene collocato in una posizione di assoluta riservatezza e perciò di decoro istituzionale. Il personale di Alitalia apre l’imbarco, fa salire i passeggeri che defluiscono con ordine, monitora con apprensione il tempo scandito dai minuti e più volte sollecita la delegazione di Palazzo Madama di raggiungere il velivolo. Casellati, però, è irremovibile: la seconda carica dello Stato, per ragioni ignote, non può lasciare la stanza dei clienti Freccia Alata finché la folla a bordo non è seduta, non ha alzato il tavolino e allacciato le cinture. A quel punto, in silenzio, lontano dai rumori e, chissà, dai cattivi odori, il gruppo di Casellati può accettare l’invito a prendere posto. Ogni secondo aumenta la tensione, e allora, caspita, ecco l’imprevisto. Ci siamo, sono le 15:20, l’orario fatidico per il decollo, il portellone è spalancato, Casellati è ancora in cammino verso l’imbarco.
Alitalia l’ha sfangata, forse. Anzi, no: la delegazione senatoriale pretende un salto in prima classe della sciagurata collaboratrice che per errore è finita nel settore economico. Alitalia dice no, la differenza di prezzo è alta. L’amica del presidente, però, d’imperio occupa una poltrona alle spalle di Casellati e rifiuta le indicazioni degli assistenti di volo: la prego, non può stare qui. Il colloquio è cordiale, i dipendenti di Alitalia non insistono per non aumentare il disagio dei clienti. Con sconforto, s’arrendono. Il comandante, però, deve fronteggiare un guaio più grosso. Perso lo spazio per decollare alle 15:20 per colpa dei capricci di Casellati, il traffico di Fiumicino fa slittare la partenza a dopo le 16:30. Troppo. E dunque Alitalia supplica l’Enav, l’ente nazionale per l’aviazione civile, di reperire un pertugio in pista. E ci riescono, così l’aereo atterra a Parigi una ventina di minuti dopo il previsto.
Aeroporto di Venezia, lunedì 10 giugno, il presidente del Senato, che risiede con la famiglia a Padova, deve rientrare a Roma. L’avvio di settimana è sempre traumatico, occorrono calma e sfarzo. Casellati sorseggia un caffè ai divani di Casa Alitalia, mentre i collaboratori snocciolano il prontuario del presidente agli addetti dell’ex compagnia di bandiera: accomodarsi per ultima a bordo senza attendere tra la gente, ricevere un’accoglienza adeguata, cioè tre cappelliere per sé perché ogni ritorno è un trasloco. E pazienza per i cittadini col bagaglio a mano: motivi di Stato, integrità della Repubblica. Roba seria. Chi accompagna Casellati, a volte, vuole sistemare le valigie del presidente a imbarco ancora chiuso. A Venezia i collaboratori di Casellati riscontrano una scottante inadempienza di Alitalia: un signore non famoso ma pagante, estraneo al contingente senatoriale, ha un biglietto che gli permette di viaggiare quasi accanto, quasi a una intollerabile distanza di un metro dal presidente del Senato. Con risolutezza, lo staff di Palazzo Madama chiede di rimuovere il signore e magari di spingerlo al centro della cabina. Alitalia dice no, è un normale cliente, mica un pericoloso latitante.
Il Roma-Parigi non era nient’altro che la replica del Venezia-Roma o del Roma-Venezia di giovedì 6 giugno. Ogni tratta di Alitalia toccata da Casellati subisce un disguido, un ritardo. Il caposcalo di Venezia, esasperato, scrive ai superiori: “Questa è una prassi? Mi fate capire?”. A Roma hanno riformato addirittura il parcheggio per avvicinare al salottino di Casellati il “braccio” che conduce al volo per Venezia. Non è mai accaduto per i predecessori dell’avvocata che fu agguerrita berlusconiana o per i ministri di centro, destra, sinistra.
I lavoratori di Alitalia protestano: aspettando il danaroso salvatore, l’ex compagnia di bandiera è diventata la più puntuale al mondo nel 2019 e il presidente del Senato mette a rischio il primato? Enrico Laghi, Stefano Paleari e Daniele Discepolo, i commissari straordinari nominati dal governo, hanno risposto che l’azienda non tollera privilegi e che nessun favore è legittimo, soprattutto se ha un impatto negativo sul servizio. I commissari non hanno citato Casellati, ma ribadito un principio per sostenere i dipendenti in subbuglio, perché non è facile respingere le prepotenze di chi rappresenta la seconda carica dello Stato. Maria Elisabetta Alberti Casellati vuole trasmettere il suo blasone ai posteri. Ce l’ha fatta. Con ritardo.