La notte dello spoglio, mentre assistevo alla sconfitta più sonora nella storia del Movimento, ho pensato a questi primi anni di governo. Ho osservato da lontano, in molti questo non me lo perdonano ma penso sia stata la scelta giusta. Da lontano ho visto un Movimento che portava a casa risultati su risultati mentre Salvini riusciva, in campagna elettorale permanente, a rivendicarli meglio di noi che li avevamo prodotti. Incredibile, ma è andata così. Però ho visto molte altre cose. Ho visto paura, paura ovunque. Paura di sembrare “politicamente scorretti” una volta diventati Istituzione; paura di attaccare la Lega sui 49 milioni rubati; paura di essere calunniati dal sistema mediatico come se non fossimo cresciuti e non ci fossimo rafforzati anche grazie a tutto quel fango; paura di prendere posizioni scomode in ambito internazionale e sull’Europa stessa; paura di apparire, ancora una volta, novellini inesperti. Le bugie raccontate per anni dai mezzi di comunicazione mainstream hanno prodotto un effetto. Non nell’opinione pubblica, che ormai non gli crede più, ma in noi, in noi che siamo vittime dirette e quotidiane delle loro menzogne. Non abbiamo perso le elezioni perché i media hanno raccontato falsità alla pubblica opinione. Le abbiamo perse perché noi e soltanto noi abbiamo creduto a quelle menzogne e per tentare di confutarle ci siamo via via trasformati in burocrati rinchiusi diciotto ore al giorno nei ministeri. Mentre Salvini al ministero non ci stava quasi mai.
È andata così. Si dirà: “Voi siete rappresentanti del Popolo e avete il dovere di lavorare e di stare nei ministeri”. È vero. E questo è proprio il punto. La verità è che siamo brave persone. Siamo incapaci di fare strategie perché in politica, molto spesso, le migliori strategie le fanno gli squali, le fanno coloro per nulla interessati alla risoluzione dei problemi, le fanno i professionisti della politica. Il Movimento faccia il Movimento, più le domande sono complesse e più le risposte sono semplici. Milioni di persone hanno scelto il Movimento per la sua enorme portata rivoluzionaria. Non sono rivoluzionarie le nostre proposte, per lo meno non tutte, in fin dei conti stiamo approvando leggi che l’Italia aspetta da anni. È rivoluzionario il messaggio primordiale del Movimento. Quale? Il cittadino che si fa Stato. È un messaggio rivoluzionario e ancor più rivoluzionario è il fatto che quest’idea sia diventata realtà. Migliaia di comuni cittadini sono diventati consiglieri comunali, sindaci, parlamentari, sottosegretari, ministri della Repubblica. Illustri sconosciuti mai considerati si sono fatti Istituzione.
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Le strategie lasciamole ai politicanti, se entriamo nel loro campo ci fanno a pezzi. In fondo, per decenni, non hanno fatto altro che fare strategie per guadagnare poltrone e privilegi. Quando li abbiamo costretti a entrare nel nostro di campo, quello delle proposte di buon senso, quello della sobrietà, della passione politica, quello dell’attivismo, della politica come missione, li abbiamo fatti a pezzi noi. Mostri sacri della politica sono stati sbattuti fuori dalle Istituzioni grazie alla nostra intransigenza e al nostro sincero desiderio di cambiare. Siamo sempre stati impertinenti e sfrontati di fronte al potere. Abbiamo il dovere di esserlo anche se al potere ci siamo noi. In fondo non abbiamo davvero nulla da perdere. Non i ruoli, non le poltrone, non la carriera. Ripeto, sono gli altri i politici di professione, non noi.
Oltretutto è proprio quando non si ha più nulla da perdere che si ricomincia a vincere.(….)
Quando nacque il Movimento 5 Stelle per me fu del tutto naturale aderirvi. E non perché credevo di pensarla come il Movimento, ma perché sentivo che il Movimento la pensava come me. Nel blog di Beppe Grillo, il luogo dove tutto è partito, si leggevano un mucchio di verità impossibili da trovare altrove. La verità non è mai comoda, non lo è per chi la dice e soprattutto non lo è per chi l’ascolta, perché se la si fa propria poi non si può più tornare indietro, ci si deve per forza schierare. Dire la verità è tremendamente difficile, altrimenti non esisterebbero le menzogne. Le menzogne in politica sono comode, corrette, in fondo, per lo meno fino a oggi, ti permettono di fare carriera molto più facilmente. Mentre combattere per la verità è un’impresa titanica. Eppure è l’unico modo per lottare per il cambiamento, quel cambiamento che, come detto, o è doloroso o non è affatto tale. È stato difficile, per me, denunciare ciò che ritenevo andasse denunciato. È stato difficile andare ad Arcore a leggere la sentenza Dell’Utri perché sapevo che i giornali di Berlusconi si sarebbero vendicati. È stato difficile rinunciare a un ministero ma sapevo si sarebbe rivelata la scelta giusta. È stato estremamente complesso puntare il dito sulla Francia e sullo scandalo del Franco cfa perché ero certo che sarebbero arrivate le rappresaglie politiche e mediatiche. Come tutti a volte anche io mi rifugio nelle comode menzogne o negli ancor più confortevoli “non detti”. Tuttavia cerco di farlo il meno possibile, sia tra le mura domestiche, pur conscio delle “guerre termo-nucleari” che fa scoppiare l’eccesso di sincerità, sia nella sfera pubblica perché in fondo, ora che sono un comune cittadino e che non ho alcun incarico istituzionale, posso dire di fidarmi molto di più di un politico che mi dice la verità…
A volte mi capita di essere fermato da persone che mi chiedono: “Ciao Alessandro, ti ricordi di me?”. Io generalmente non mi ricordo mai. Non è mancanza di rispetto, è solo che negli ultimi anni di persone, soprattutto durante i comizi in piazza, ne ho incontrate a migliaia. Ebbene, quando succede l’istinto di dire “Certo che mi ricordo, come va?” è forte. È la via semplice, quella “politicamente corretta”, quella democristiana. (…) Io dico la verità. Rispondo con un sonoro: “No, non mi ricordo”. Qualcuno magari potrà darmi del maleducato ma nessuno potrà mai pensare che sia alla ricerca incondizionata della sua approvazione. E forse, quando non cerchi il consenso, è la volta buona che lo ottieni davvero.