Niente gruppo autonomo, niente sinistra, niente conservatori. A un mese dalle Europee, il M5S non ha ancora trovato il proprio gruppo parlamentare, complice il crollo alle urne degli alleati e le difficili trattative con le altre delegazioni. “Non era quel che auspicavamo – ammette Fabio Massimo Castaldo, uno dei big 5Stelle a Bruxelles – ma contiamo di non rimanere a lungo in questa situazione”. Il rischio è la perdita di ogni rilevanza politica.
Fabio Massimo Castaldo, il M5S è senza alleati in Europa.
Avremmo voluto creare un gruppo politico autonomo, post-ideologico, con un imprinting sui nostri temi. Siamo arrivati vicinissimi alla soglia richiesta, 25 deputati di 7 Paesi, ma al momento è necessario darci un orizzonte temporale maggiore.
Prima delle elezioni avete incontrato partiti croati, greci, polacchi e finlandesi, che però hanno raccolto un solo seggio. È stato un errore?
I sondaggi davano tre seggi ai polacchi, che invece non hanno superato la soglia di sbarramento per un soffio. Anche i croati sono andati sotto le aspettative, così come noi stessi ci aspettavamo almeno tre seggi in più.
I partiti di sinistra hanno rifiutato la vostra adesione?
No, non siamo stati noi a chiedere di entrare nel Gue. Sono stati alcuni esponenti della sinistra radicale ad avvicinarci.
La vostra alleanza con Salvini li ha fatti ricredere?
Abbiamo avuto diversi incontri con le delegazioni e in alcuni casi abbiamo dovuto ascoltare critiche per certe posizioni espresse dalla Lega. Non sempre è ben percepita la differenza, per noi fondamentale, tra alleanza e contratto di governo e questo un po’ lo paghiamo, nonostante anche in Grecia Tsipras sia andato al governo con un partito di destra dopo aver siglato un contratto.
Dunque l’alleanza con la Lega vi indebolisce in Europa?
Qualche ostacolo lo ha creato, soprattutto a causa di alcune posizioni di Salvini giudicate molto veementi rispetto alla visione espressa da diversi gruppi politici europei. Probabilmente hanno paura di essere accusati di avere nel gruppo chi governa con la Lega, ma questo è un problema loro, noi abbiamo mantenuto la nostra coerenza.
Spesso in Europa avete votato come la sinistra. C’è una differenza tra la vostra connotazione a Roma e a Bruxelles?
Non credo. In Europa certe battaglie – l’ambiente, l’acqua pubblica, il trasporto sostenibile – sono più appannaggio dei Verdi e della sinistra. Per noi queste battaglie – come anche la revisione del Trattato di Dublino, con la ridistribuzione obbligatoria e preventiva dei richiedenti asilo – restano posizioni pragmatiche e post-ideologiche.
Si è parlato anche di una trattativa con i conservatori, gli stessi di cui fa parte FdI.
Escludo qualsiasi trattativa ufficiale. Può darsi che qualche funzionario di quel gruppo sia venuto a cercarci, ma non è una situazione per noi esplorabile: non possiamo andare in gruppi dove sono già presenti delegazioni italiane.
La scorsa volta eravate con Farage.
Abbiamo cercato di lavorare su temi comuni, come l’attenzione verso la democrazia diretta. Ma, al netto di questo, le nostre priorità e visioni politiche sono lontane dal partito della Brexit.
Nel 2014 fu la rete a stabilire il nuovo gruppo europeo. Come mai questa volta gli iscritti non hanno votato?
Non escludo che accada. Anzi, è la via da seguire. Ma prima è necessario portare opzioni concrete agli iscritti, altrimenti si rischia di votare scenari ipotetici e di operare un esercizio sterile.
Uscirete dall’isolamento?
Di certo iscriverci a un gruppo di cui non condividiamo le posizioni non avrebbe senso, finiremmo per essere un’opposizione interna. Molto meglio restare vigili e valutare eventuali opportunità, continuando a lavorare in primis per un nuovo gruppo, se la situazione dovesse cambiare.