“Li vede quei due loculi? Al loro posto doveva esserci la tomba di una signora, morta molti anni fa. I suoi nipoti l’altro giorno volevano portarle un fiore e non l’hanno trovata. Sono venuti al Comune per chiedere che fine avesse fatto, ma qui nessuno sa niente”.
Il sindaco di Locri, Giovanni Calabrese, è disperato. Qui la ’ndrangheta tiene in ostaggio i vivi ma anche i morti. Tombe che scompaiono e tombe che spuntano in mezzo ai viali o in posti impossibili da raggiungere per i familiari. Bare e salme che all’improvviso non si sa che fine abbiano fatto e si dice possano essere finite nella spazzatura sperando che nessuno se ne accorgesse. Da oltre 40 anni il cimitero di Locri è una giungla. A metà giugno, però, il Comune ha inviato le ruspe per abbattere le tombe abusive. Quelle vuote sono state già demolite. Per le altre sono in corso verifiche. “La cosa paradossale – dice il sindaco passeggiando per il cimitero – è che nessuno sa di chi sono le tombe. In pochi si sono lamentati per la demolizione della cappella”.
È il risultato di una lottizzazione selvaggia delle aree cimiteriali: una sorta di mercato delle vacche dove si consuma la compravendita illegale dei posti e degli spazi che, in realtà, sono pubblici e dovrebbero essere dati in concessione dal Comune ai cittadini che ne fanno richiesta. Arriviamo al centro del cimitero, c’è una sorta di piazzale e il sindaco si avvicina a una porta che conduce a un’area sotterranea. L’ingresso è sfondato ma “questo doveva essere l’obitorio comunale: non è mai entrato in funzione. Anzi non so neanche cosa ci sia lì sotto”. Tutte attorno ci sono piccole cappelle abusive, di colore marrone e beige. Assomigliano alle cabine di un lido balneare. Per non parlare di quelle costruite a forma di casa con tanto di tegole, aiuole per le piante e ossari che sembrano soffitte. Alcune tombe sono tutte murate con un buco al centro, simile al bocchettone delle prese d’aria obbligatorio per le cucine che funzionano a metano. “La vede quella tomba? Mi dica come è possibile raggiungerla se attorno ne sono state realizzate altre che non consentono il passaggio?”. Se non fosse un cimitero, la scena sarebbe anche comica. Il punto, però, è che lì dentro c’è chi da anni gestisce tutto: dal servizio di ambulanze e pompe funebri, alla vendita di fiori e lumini, passando per le ditte di manovali che realizzano le cappelle e per i “mediatori” del Comune che rilasciano autorizzazioni a costruire ma non indicano dove e quindi pure sul marciapiede o in mezzo ai viali del cimitero alcuni dei quali ormai diventati vicoli ciechi non più percorribili.
Un business a tutto tondo per personaggi che “offrono” il pacchetto completo e senza i quali a Locri non ci si può permettere nemmeno di morire. Il sindaco Giovanni Calabrese ha denunciato la situazione più volte ai carabinieri. Ci sono state indagini ma la situazione non è mai cambiata. Da due settimane le ruspe del Comune hanno iniziato l’opera di bonifica demolendo le tombe abusive. “A questo punto – racconta Calabrese – si è arrivati perché per anni il cimitero è stata prerogativa di determinate famiglie. Qui ci sono interessi noti a tutti e probabilmente non facili da riscontrare. Questa è una cosa inaccettabile. I cittadini di Locri sanno la verità e i nomi – aggiunge il sindaco – La realtà di questo cimitero è che di fatto è una giungla. È evidente che questo stato di cose è stato agevolato dall’interno degli uffici comunali”.
Prima di Giovanni Calabrese, anche l’ex sindaco Francesco Macrì aveva denunciato, invano, ai carabinieri. “Il cimitero è la cosa di Locri peggiore – aveva fatto mettere a verbale nell’ottobre 2013 –. Se uno vuole mettere una luce deve andare da quello a pagare, se vuole un loculo deve andare da quello… cioè, il Comune non esiste. Il cimitero non è del Comune… ma è dei Dalì e company”.
Ora Calabrese ha piazzato anche le telecamere: “Qui stiamo parlando di ’ndrangheta, è evidente. Ma il cittadino è vittima. Anche quello a cui abbiamo demolito le tombe”.