Emergency, l’associazione fondata da Gino Strada, ha compiuto e festeggiato ieri 25 anni di vita. Con i suoi ospedali in zone di guerra ha fatto dell’ingerenza umanitaria uno stile identificativo. Ed è sembrato dunque naturale il riferimento che Strada ha fatto a Sea Watch: “La disobbedienza civile è da perseguire di fronte a queste istituzioni che si comportano in modo che non potrei altro che definire fascista – ha detto –. Oggi sul banco degli imputati c’è chi vuole aiutare. Difendere il valore dell’aiuto e non l’indifferenza è la caratteristica fondamentale di una società civile”. A parte i riferimenti al fascismo, che non aiutano a comprendere correttamente la situazione, quel che c’è di importante nelle parole di Strada è quello che, al netto dei giudizi sul significato politico della vicenda Sea Watch, rimane sul terreno, anzi sull’acqua: il valore della solidarietà e dell’intervento umanitario.
Oggi è evidente il rischio che si affermi la delegittimazione totale del lavoro svolto da chi, come Carola e come tante altre, decide di impegnarsi in prima persona nell’assistenza umanitaria. Gli insulti, sessisti, contro di lei, non fanno altro che esplicitare questo fastidio ché in fondo è la vera mission dell’opera di Salvini. La solidarietà come disvalore, come roba da figli viziati, basta leggersi le invettive quotidiane dei Fusaro di turno.
Gino Strada rivendicava anche di curare i talebani nei suoi ospedali e parliamo di chi, all’inizio degli anni 2000, rappresentava il “male assoluto” sulla terra. Altro che i migranti o le Carola di turno. Eppure lo faceva per affermare il principio dell’umana solidarietà superiore alle leggi degli Stati. Con tutte le conseguenze che questo comporta. Quello che spinge le persone a impegnarsi in una Ong è quel valore attorno al quale le società durano di più e senza il quale rischia di prodursi solo un deserto.