“Mi professo innocente rispetto ai fatti che vengono contestati. Per me oggi è la liberazione da un incubo che inizia nel novembre 2017…”. La resa dei conti di Luca Palamara inizia alle 16.55 del 30 maggio. Il pm si trova negli uffici della Procura di Perugia: è accusato di corruzione per le utilità ricevute dall’imprenditore Fabrizio Centofanti, che gli avrebbe pagato viaggi e soggiorni all’estero.
Palamara è pronto a ribattere punto su punto, a rivelare dettagli della sua vita privata, ha già ritrovato tracce di qualche bonifico utile alla sua difesa. Ma da saldare, qui, non ci sono soltanto gli alberghi. Il primo dei conti che Palamara intende saldare è quello con il suo vecchio capo, l’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, contro il quale punta subito il dito.
Ecco l’incipit della versione di Palamara: “Per me oggi è la liberazione da un incubo che inizia nel novembre 2017, allorquando mi viene comunicato in via riservata e amichevole da Pignatone che era stata trovata la ricevuta di un soggiorno in compagnia di Adele Attisani (una sua amica, ndr)”. La ricevuta era stata acquisita dalla Finanza in altre indagini in corso a Roma su Centofanti. Ma perché il pm ora indagato tira in ballo l’ex procuratore? Non sappiamo se Palamara stia parlando motivato da rancori, vendette o quanto di vero possa esserci. Toccherà alla Procura di Perugia scoprirlo. Di fatto però con questo verbale Palamara ingaggia un’altra battaglia.
“Centofanti frequentava tutti: Finanza, Arma…”
“Centofanti – continua il magistrato riferendosi al suo presunto corruttore – l’ho conosciuto nel 2008 e mi è stato presentato da mia sorella (…). Ho frequentato Centofanti anche in ambiti istituzionali e la sua credibilità nell’amicizia era rafforzata dal fatto che la frequentazione riguardava anche il presidente della Corte dei conti Raffaele Scutieri, persona stimata, con Pignatone e sua moglie, con ufficiali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri, giudici ordinari”. Poco dopo Palamara precisa: “Dal febbraio 2018, anche alla luce di quello che mi era stato detto da Pignatone sul soggiorno a Fonteverde, io ho iniziato a raffreddare i rapporti con Centofanti”.
Il secondo incontro con Pignatone
Ma non è finita. Palamara racconta di un secondo incontro con l’ex procuratore capo di Roma: “A maggio 2018 – spiega – io seppi da Pignatone che un fascicolo era stato inoltrato a Perugia, che si trattava di pagamenti effettuati da Centofanti inerenti alcuni soggiorni. Aggiunse che non essendoci alcuna controprestazione, io dovevo stare tranquillo. In quel periodo tutti erano venuti a conoscenza dei contenuti di tali accertamenti e ne parlavano. (…) Per me fu un vero stillicidio. (…) Un momento cruciale fu il 25 settembre 2018 in cui fu eletto Ermini come Vicepresidente del Csm (in realtà Ermini fu eletto il 27 settembre, ndr)”.
Proprio Il Fatto ha rivelato per primo, il 27 settembre scorso, l’esistenza di un fascicolo sui rapporti Palamara-Centofanti arrivato a Perugia. E il pm non sembra aver gradito: “Quella sera (…) mi chiamò Marco Lillo de Il Fatto e mi disse che il giorno dopo avrebbe scritto della trasmissione del fascicolo su di me a Perugia. (…). Gli dissi che non era corretto divulgare tale notizia come una sorta di ritorsione per l’elezione di Ermini. Lui mi disse che l’avrebbe scritta perché ormai la vicenda era nota a tanti. Attaccai i1 telefono (…) e chiamai Cascini (Giuseppe, consigliere del Csm, estraneo all’inchiesta, ndr). Gli dissi che era una porcheria fare uscire la notizia in concomitanza con la nomina di Ermini”.
A questo punto Palamara dice di aver contattato anche Pignatone “per rammaricarmi. Gli riferii della chiamata ricevuta da Lillo e lui mi disse che avevano chiamato anche lui e chiedendogli della cena con Centofanti (…). Qualche giorno dopo mi vidi con Cascini verso ottobre 2018 e parlammo di tale vicenda. Lui mi chiese di non entrare nel merito e io gli spiegai la mia delusione umana, perché avevano pensato che io avessi potuto fare degli illeciti. Lui mi spiegò che in realtà chi mi voleva danneggiare era stato Centofanti, perché loro erano andati a Fonteverde per trovare il soggiorno di un assessore e trovarono il mio”.
“Si diceva: Palamara sta seduto su una bomba”
Passano mesi e il 29 maggio 2019 alcuni quotidiani danno notizia degli sviluppi dell’inchiesta perugina: Palamara indagato per corruzione. Il pm dice di averne parlato con il consigliere (dimesso) del Csm Luigi Spina, ora accusato di rivelazione di segreto al collega. “Ciò che Spina mi riferisce lo sapevano tutti, perché quando io faccio la domanda da aggiunto a novembre 2018 e da lì si scatena l’inferno. Si diceva che Palamara era fuori gioco, sta seduto su una bomba ad orologeria”.
Il viaggio a Dubai e i pagamenti
Al di là di queste ricostruzioni, è la corruzione l’accusa dalla quale deve difendersi Palamara: “In merito ai viaggi posso dire che ognuno può attraversare un periodo difficile sul piano personale. Ci sono stati momenti di evasione legati a viaggi ed io, a lui che era un amico, chiedevo una cosa come favore personale, ovvero, non far risultare che io fossi in giro con una persona diversa da mia moglie”. E ancora: “Gli chiedevo di non far risultare che ero io a prenotare e che non risultasse la stanza a mio carico. Inoltre, non volevo far risultare pagamenti con la mia carta di credito. Il regolamento del prezzo avveniva successivamente”.
I magistrati perugini chiedono anche di altri viaggi, come il “soggiorno del gennaio 2015, con ‘sconto’”. “Non sapevo per come mi dite che lo sconto venne pagato da Centofanti. Né so per come mi dite che la cena di Capodanno sarebbe stata pagata da Centofanti. (…) Credevo di aver pagato un pacchetto completo”. “In merito al viaggio a Dubai chi ha pagato?”, chiedono i magistrati. “Sul telefono troverete l’acquisito del biglietto per Dubai che io ho pagato con la mia carta di credito. Mi dite che la mia spiegazione trova riscontro in atti. (…) In merito ai pagamenti che mi dite essere avvenuti a Dubai da parte di Centofanti, io non so cosa rispondervi, non stavamo sempre insieme”.
“Chi sapeva del trojan temeva di parlare con me”
Il 31 maggio Palamara torna dai pm di Perugia per alcune precisazioni. Una molto delicata: “Lei sta dicendo che a Roma si sapeva che lei era intercettato?” chiedono i magistrati. Il pm ora indagato risponde: “Di certo a Roma girava la voce che io avessi il trojan, e ne parlammo con Ferri (Cosimo, parlamentare del Pd, non indagato, ndr) il quale lo aveva saputo da alcuni consiglieri ai quali Erbani (consigliere di Sergio Mattarella, estraneo all’inchiesta, ndr) aveva riferito che qualcuno era stato infettato dal trojan, e io notavo che in tanti temevano di parlare con me”.