Rischia di non essere più conclusa la Superstrada Pedemontana Veneta, attualmente l’opera stradale cantierata più importante in Italia, con un costo finale che sarà di 2 miliardi e 300 milioni di euro. Ma non tanto per la battaglia dei comitati di cittadini che da una decina di anni stanno combattendo contro tutto e tutti. Bensì per l’ultima inchiesta della magistratura vicentina che ha sequestrato la galleria di Malo, lunga circa sette chilometri e mezzo, per frode in pubbliche forniture. Un reato che sembra di poco conto, ma che in realtà mina dalle fondamenta la solidità della galleria che si sta scavando, a causa dell’uso di materiale (soprattutto acciaio e calcestruzzo) che secondo la Procura di Vicenza è di serie B, al punto da aver causato crolli a catena e in passato anche la morte di un operaio. E così la galleria rimarrà sequestrata chissà per quanto tempo, mentre la Regione Veneto continua a dichiarare che la Pedemontana verrà ultimata nei termini del cronoprogramma, ovvero entro la fine del 2020. Ma se anche quel giorno il nastro d’asfalto dovesse essere completato, mancando la galleria (che era già in ritardo) nascerebbe una Pedemontana zoppa. Che non raccoglierà il traffico proveniente dalla A4 per dirottarlo verso la A27 a Spresiano (e viceversa). Il volume dei passaggi sarà inevitabilmente ridotto e per la Regione Veneto – impegnata nel finanziamento dell’opera – sarà un disastro economico.
“Frode nelle pubbliche forniture”
A gettare scompiglio è il decreto di sequestro preventivo firmato dal gip Matteo Mantovani, che ha accolto le richieste del pm Cristina Carunchio. Nell’inchiesta che riguarda il consorzio Sis e la società di progetto SPV, ci sono quattro indagati: Luigi Cordaro, direttore di cantiere con procura dei lavori sul Lotto 1; Fabrizio Saretta, responsabile del Lotto 1 (tratta C); Giovanni Salvatore D’Agostino, direttore tecnico della concessionaria Società Pedemontana Veneta; il direttore dei lavori Spm, ingegnere Adriano Turso. Il reato ipotizzato è la frode nelle pubbliche forniture, attuata “realizzando i lavori di scavo della galleria di Malo, utilizzando materiali non marchiati Ce e impiegando materiali (in particolare miscele di calcestruzzo) diversi da quelli previsti dagli elaborati progettuali”. Le società fornitrici del materiale sono: Ar.Co di Brescia (strutture metalliche), Macevi di Mogliano Veneto (calcestruzzo), Crestan Fratelli di Trissino (calcestruzzo), Edil Centro di Piovene Rocchette (materiale da costruzione), Picenumplast di Fermo (lastre e tubi in plastica), Dywit di Cusago in provincia di Milano (materiali ferrosi) e Assotubi di Cesena (materiali ferrosi). Il decreto di sequestro fa parte della terza inchiesta vicentina sulla Pedemontana (ma fra Treviso, Vicenza e Venezia, gli esposti sono numerosi). La prima, per omicidio colposo, riguarda la morte nel cantiere dell’operaio Sebastiano La Ganga, di 54 anni, avvenuta nel 2016 a seguito di un crollo. La seconda è stata aperta dopo che nel settembre 2017 è ceduta la galleria, con il crollo della superficie sovrastante. Gli ingegneri Rossitto e Pasqualon hanno effettuato perizie per chiarire se in quella galleria ci siano condizioni di sicurezza e se il cantiere possa proseguire. La risposta è negativa: gravi carenze nei tubi in acciaio, nel pvc e nel calcestruzzo.
“Problemi di staticità Ma andavano avanti”
Le parole del gip sono chiarissime: “I ripetuti crolli, l’incidente mortale, gli smottamenti, gli splaccaggi dello spritz (iniezioni di cemento sulla volta, ndr), la preoccupazione sempre maggiore da parte degli operai per la loro stessa incolumità, sono inequivoci segnali di evidenti problematiche di staticità della costruzione, riconducibili alla scarsa qualità del materiale impiegato”. Inoltre, “il fatto che pur a fronte di questi eventi sempre più frequenti, non vi sia la decisione di arrestare l’opera o di intervenire in modo efficace per sostituire i materiali, dimostra che il perdurare dell’attività di costruzione secondo tali modalità non avrà altro effetto se non quello di aggravare le conseguenze del reato, per rispettare le strette tempistiche contrattuali altra scelta non rimane se non quella di proseguire come sempre si era fatto costruendo con il materiale a disposizione”. È per questo che il sequestro ordinato dalla magistratura mette una seria ipoteca sulla realizzazione di tutta la Pedemontana Veneta.