La priorità della politica deve essere tutelare i lettori o i librai? E servono soldi pubblici per questi obiettivi? L’associazione degli editori indipendenti Adei chiede una riforma della legge Levi del 2011: sconti massimi sul prezzo di copertina del 5 per cento invece che del 15, ma un mese di saldi al 20, divieto per Amazon di offrire sconti su altri prodotti a chi compra libri. La motivazione? Piccoli e librai vogliono colpire Amazon e le catene che offrono sconti e servizi accessori, facendo pagare di più i libri al cliente finale. Ma il tutto viene ammantato da principi più nobili: i prezzi scenderanno (!) perché quelli di oggi incorporano lo sconto successivo, bisogna evitare che interi pezzi di Italia restino senza librerie. Ma i 13 milioni di italiani che vivono in territori sprovvisti di librerie possono contare su un’offerta gigantesca e personalizzata su Amazon, le 400 librerie indipendenti che hanno chiuso negli ultimi cinque anni non offrivano evidentemente alcun servizio che rendesse l’esperienza di acquisto diversa da infilare un libro nel carrello al supermercato o fare un clic su un sito. E i piccoli editori hanno davvero bisogno di piccole librerie con piccole clientele per prosperare? Come sempre, in Italia, si cerca di proteggere un modello di business senza prospettive a spese del consumatore o del contribuente anziché immaginare futuri sostenibili e perfino redditizi. È lo stesso percorso seguito per tutelare i negozi nei centri storici, le edicole, i bar. Semplicemente non funziona. Piccole librerie ed editori indipendenti devono prima mettere a fuoco qual è la loro specificità da tutelare, capire qual è nel loro settore il salto evolutivo analogo a quello che è stato Eataly per l’alimentare. Combattere la battaglia per la sopravvivenza sul terreno del nemico, cioè quello del prezzo, significa avviarsi alla sconfitta finale, per quanto una notevole pressione di lobby possa rinviarla di qualche anno.
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