L’estate dello scontento gialloverde di governo ricalca molte altre estati politiche agitate poiché la calura agendo sui sistemi endocrini stimola i comportamenti ostili, e i giornali devono pur scrivere qualcosa. Ieri, la nuova puntata dell’affaire Lega-Russia ha diffuso un cattivo odore di rubli e di petrolio nella coalizione. Troppo poco (o forse troppo) per creare immediate fratture. Non certo per pretendere chiarimenti da parte dei Cinque Stelle. Vedremo.
Nel frattempo, in una piatta domenica di luglio, ci ha pensato il sottosegretario grillino Manlio Di Stefano a porgere, misericordioso, ai redattori di turno un titolo stravagante ma pur sempre un titolo contro Matteo Salvini: “Ti senti Maradona, ma sei un Higuain fuori forma”. A parte lo sgarbo ai tifosi della Roma che un Higuain anche sovrappeso lo andrebbero a prendere di corsa a Fiumicino, non si comprende dove sia “l’attacco duro, durissimo” sparato nei tg serali quando il paragone somiglia tanto al gesto di chi strizza, complice, all’amico le maniglie dell’amore. Difatti, l’adiposo vicepremier subito replica arguto: “Uomo de panza uomo de sostanza”, mentre sullo sfondo quasi s’intravede il barbecue con la grigliata mista e le signore che apparecchiano.
Per questo diario è un po’ mortificante occuparsi della “tensione che sale nella maggioranza” perché mamma mia il feroce Luigi Di Maio vuole mandare a Salvini, in crisi di solitudine sui migranti, pensate un po’ un “peluche”. Quando invece, in un’altra vita, le ferie d’agosto del cronista politico venivano cancellate dalla guerra atomica Andreatta-Formica sulla separazione della Banca d’Italia dal ministero del Tesoro. Che Giovanni Spadolini retrocesse erroneamente a “lite da comari” ma che qualche mese più tardi gli costò il governo.
Storica baruffa che portò il ministro dc a evocare nientemeno che il “nazionalsocialismo” (con forte “sdegno” del partigiano Sandro Pertini), a proposito del Psi, partito dell’odiato collega a sua volta sobriamente definito dal Popolo “un commercialista di Bari esperto in fallimenti e bancarotta”. Bei tempi, mentre adesso mangiamo tutti tranquilli se il sottosegretario Spadafora dice peste e corna del capitano leghista che infatti replica con un pigro “si dimetta o chieda scusa”, reso vieppiù inoffensivo dall’assicurazione che “il governo va avanti”. Ma se il Salvimaio è tutto un wrestling dove ci si mena per finta, per quale motivo da quando la strana coppia ha agguantato il potere non passa giorno che i vaticini dell’informazione (quasi) tutta non prevedano l’approssimarsi della catastrofe? Sempre declinata come inevitabile: non vanno d’accordo su nulla, non si sopportano più, passano il tempo a insultarsi e così via.
Il fatto è che proprio l’esistenza di forti contrasti tra due forze così distanti e innaturalmente alleate – dai decreti Sicurezza alla legge sulle autonomie, alla diversa sensibilità sui diritti – “non fa altro che descrivere il campo delle opzioni possibili come riserva dei partiti di governo, che così possono presentarsi anche come unica alternativa per il futuro” (Il Foglio). Senza contare che l’insistenza nel descrivere la “lite continua”, come scandalosa dimostrazione di insipienza e irresponsabilità, ogni volta che in un modo o nell’altro la zuffa viene risolta ciò non fa altro che rafforzare l’immagine dei due litiganti. E la loro volontà di non mollare le poltrone. Domanda: lo stesso si può dire della credibilità di giornali e telegiornali, sfibrati da questo continuo gridare al lupo al lupo e alla crisi dietro l’angolo? Facciamo così: se questa estate la lite da comari dovesse sfociare nell’inatteso patatrac, giuro mi dimetto seduta stante da questo diario. Ma si lasci in pace, vi scongiuro, il Pipita.