La Lega non c’è, eppure si vede. Il paradosso appare più concreto di quello che si possa pensare. L’ambito è quello della maxi-inchiesta sulle tangenti in Lombardia. L’indagine se da un lato ha terremotato buona parte di Forza Italia, dall’altro sta ricostruendo a posteriori i legami tra la Lega e Nino Caianiello, il presunto mullah delle mazzette nonché ex coordinatore provinciale di FI a Varese. L’ultimo protagonista sullo scacchiere investigativo è Andrea Mascetti (non indagato), con un passato nel Msi, avvocato d’affari, già nel consiglio federale della Lega, con cariche in Banca Intesa Russia, fondazione Cariplo e Italgas. Nonché citato come persona da contattare nel dialogo del 18 ottobre scorso all’hotel Metropol, quando va in scena l’affare del petrolio e i soldi da rigirare alla Lega. Mascetti ha anche incarichi nelle partecipate, alcune di Gallarate e anche in Regione Lombardia. Viene più volte citato da Caianiello, i due si incontrano in diverse occasioni. Per stessa ammissione di Caianiello, “Mascetti è l’uomo di Giancarlo Giorgetti”, il numero due del Carroccio nonché sottosegretario di Stato, i cui legami politici sono fortemente radicati a Varese. A parlare di questo avvocato, tra i più fidati professionisti di Matteo Salvini, è Laura Bordonaro nel suo ultimo verbale davanti al pm Luigi Furno.
Bordonaro è stata una delle persone più vicine a Nino Caianiello. Già presidente del Cda di Accam, una partecipata del Comune di Gallarate, l’ex manager pubblica con ambizioni politiche (oggi indagata dalla Dda) conosce affari e segreti di molti protagonisti dell’indagine. Su Mascetti mette a verbale: “Finanzia la Lega attraverso alcune sue associazioni, tra queste Terra Insubre”, di cui Mascetti è stato il fondatore. In Procura, la Bordonaro, oltre a chiarire il sistema delle retrocessioni a favore di Caianiello in cambio degli incarichi, disegna per la prima volta il sistema Lega, quello che, come dicevamo, non c’è, eppure si vede. Non c’è perché la Procura non ha individuato condotte penalmente rilevanti. Si vede, perché il sistema emerge dalle carte delle indagini e dai verbali della Bordonaro e di Alberto Bilardo, altro dirigente pubblico di Gallarate vicino a Caianiello. Il “finanziamento alla Lega”, così come spiegato dalla Bordonaro, avrebbe il suo incipit proprio dalla capacità di Mascetti di incamerare consulenze e incarichi. Secondo l’indagata, molti incarichi vengono (allo stato legittimamente) indirizzati verso Mascetti e persone a lui vicine. Da qui, secondo la Bordonaro, il passaggio successivo è quello di finanziare il Carroccio attraverso associazioni che fanno riferimento allo stesso Mascetti. Questo il quadro definito davanti al pm che al momento non valuta ipotesi penali.
L’ex manager racconta poi degli stretti rapporti con Caianiello, mediati da un altro leghista doc, quel Matteo Bianchi già coordinatore provinciale e oggi parlamentare. Bianchi e Caianiello sono in stretto contatto. I due si vedono spesso nel bar-ambulatorio di Gallarate. Bordonaro poi ricorda che fu Caianiello a presentarle Mascetti. I due arrivarono a casa della donna. Con loro anche Matteo Bianchi. In più, viene spiegato nel verbale, Caianiello e Mascetti hanno lavorato insieme per le Amministrative del 2019. Anche Bilardo fa il nome di Mascetti come trait d’union tra la Lega e l’entourage di Caianiello. Lo descrive come persona molto influente e ascoltata dai vertici del Carroccio, Giorgetti su tutti. Il legame con Caianiello è talmente stretto che, secondo Bordonaro e Bilardo, sarà lo stesso Caianiello a caldeggiare la nomina di Mascetti all’interno dell’Odv (Organismo di vigilanza) di una partecipata. Del resto è tanto ascoltato che Caianiello lo informa anche del piano (fallito) per fare avere una consulenza all’ex socio di studio del presidente della Regione Attilio Fontana (l’incarico dato a Luca Marsico costa oggi a Fontana l’accusa di abuso d’ufficio). Ma non c’è solo Mascetti. Tra gli uomini più influenti di Varese c’è Claudio Milanese (non indagato), imprenditore dei rifiuti, amico di Giorgetti. La Bordonaro ricorda che nel 2018 si trovava a Rimini. Quella, secondo la Procura, fu l’occasione per l’ennesimo accordo corruttivo ordito da Caianiello. Mentre erano a tavola, entrò Milanese. Caianiello e altri si alzarano per salutarlo dopodiché si spostarono fuori. Quando lei uscì per presentarsi, il gruppo smise di parlare.