Resta ancora una sola lettura alla Camera e poi, salvo un improbabile ricorso al referendum confermativo, la riduzione del numero dei parlamentari sarà una realtà. I deputati passeranno da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. Nei mesi scorsi è stata poi approvata in via definitiva una legge dall’eloquente titolo: “Disposizioni per assicurare l’applicabilità delle leggi elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari”. Una volta entrata in vigore la modifica costituzionale, si potrà andare a votare con l’attuale legge elettorale, “Rosatellum”, salvo che si trovi un accordo su di un nuovo testo.
LA SIMULAZIONE – Non è quindi un puro esercizio teorico, provare a simulare il risultato in termini di seggi attribuiti alle coalizioni e ai partiti, prendendo come punto di riferimento l’andamento delle elezioni europee del maggio scorso. La quota proporzionale (253 alla Camera comprendendo gli 8 eletti all’estero e 126 al Senato con i 4 eletti all’estero) è stata, dunque ripartita sulla base dei risultati delle Europee 2019, ferma restando la soglia di sbarramento nazionale del 3% e con una piccola forzatura nella simulazione del Senato, per la diversa età dell’elettorato attivo. Per quanto riguarda, invece, i collegi uninominali (147 alla Camera e 74 al Senato) sono stati attribuiti alle coalizioni di centrodestra (Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia), di centrosinistra (Pd e alleati minori) e Movimento 5 Stelle sulla base di una stima soggettiva il più possibile equilibrata.
COME CAMBIA IL SENATO – Il “dimagrimento” alla Camera (il 37% circa) non ha effetti distorsivi, perché l’attribuzione dei seggi avviene su base nazionale e quindi si riduce proporzionalmente per tutti. Al Senato, invece, i seggi sono distribuiti a livello regionale, con la conseguenza di un innalzamento in molte regioni della soglia di sbarramento implicita, a vantaggio dei partiti maggiori. È giusto ricordare, in estrema sintesi, che le elezioni europee 2019 hanno visto il trionfo della Lega e la netta sconfitta del M5S, con un piccolo progresso della lista unitaria del Pd sulle Politiche 2018, un brusco arretramento di Forza Italia e un’avanzata di Fratelli d’Italia, oltre al risultato di +Europa superiore, seppur di poco al 3%. Il mix tra questi risultati a livello di ogni regione, la riduzione dei parlamentari e la legge elettorale in vigore, il “Rosatellum“, ci restituisce un Parlamento assai differente da quello uscito dalle urne solo un anno fa, con il centrodestra ampiamente sopra la soglia della maggioranza assoluta sia alla Camera sia al Senato, con Forza Italia che però dimezza la sua rappresentanza in entrambe le Camere.
PENALIZZATO IL M5S – A pagare il prezzo più salato è, quasi per paradosso, il Movimento 5 Stelle, strenuo sostenitore della riforma costituzionale per la riduzione del numero di parlamentari, che passerebbe al Senato da 111 senatori a 28 e alla Camera da 227 deputati a 54. Più contenuta, ma pur sempre significativa, la contrazione di seggi in casa Pd e alleati (40 senatori contro 69 e 78 deputati contro 119). C’è quindi più di un motivo di riflessione per la definizione delle strategie di breve e medio periodo per tutti i principali attori della scena politica italiana (nessuno escluso).