Nel giorno più caldo di questo luglio torrido per via del clima e di certa malapolitica, s’incrociano i destini di fuoriclasse che riscattano l’orgoglio malinteso del nostro sgangherato Paese, rimuovono (un poco, ma spesso basta…) pessimismo e catastrofismo come capita quando si vince e ci si issa in vetta al mondo. L’immagine sportivamente virtuosa è una sorta di placebo collettivo: si sa, lo sport fa spesso il miracolo di confondersi con la nazione che rappresenta e quando un paese boccheggia, è il palliativo che lenisce il malessere.
Succede infatti che ai campionati mondiali di nuoto – in quel di Gwangiu, Corea del Sud – martedì 23 luglio la ventenne romana Simona Quadarella s’imponga autorevolmente nella gara più massacrante del programma in vasca lunga, ossia quella dei 1500 metri stile libero, affibbiando alla seconda un perentorio distacco di 7”94, che è tanto e vuol dire tanto, a un anno dai Giochi di Tokyo. È una predestinata, dicono i tecnici, i suoi limiti sono ancora inesplorati. Un po’ come quelli della disorientata Italia che in questi giorni ripete il memorabile grido del magistrato Francesco Saverio Borrelli, il capo del pool di Mani Pulite, “resistere! resistere! resistere!”.
E infatti una che resiste, a dispetto dell’anagrafe, degli avversari e degli acciacchi è l’immensa Federica Pellegrini, veneta di Mirano, fisico statuario, volto da cherubina, trentun anni il prossimo 5 agosto e la ferrea volontà di non arrendersi mai. Campionessa mondiale uscente dei 200 stile libero, la “sua” disciplina prediletta, Federica detta “la Divina” arriva “a Gwangiu così di passaggio”. È in forma. Lascia intendere che non ha alcuna voglia di abdicare. Ai Mondiali vanta già 3 ori individuali (altri due in staffetta), 2 argenti e un bronzo. Il quarto lo conquista ieri alle 13 e 17.
Il suo è un medagliere da leggenda. Quindici anni fa, a soli 16 anni e 12 giorni, monta sul podio delle Olimpiadi di Atene 2004, medaglia d’argento. L’inizio di una carriera mitica. Nessun’altra nuotatrice italiana era mai riuscita a pigliare una medaglia così giovane. Record significativo. E ancora imbattuto. Quattro anni dopo, ai Giochi di Pechino domina. L’oro la consacra stella di uno sport estremamente esigente perché impone livelli tecnici di altissimo livello, sacrifici infiniti e fatiche colossali. Tutto ciò non s’improvvisa e il talento da solo non accelera le bracciate: occorre una disciplina rigorosa. La Pellegrini diventa personaggio nazionalpopolare. Dalle piscine approda in tv, fa spot, campagne contro il femminicidio o per l’ambiente. Bella, disinvolta, mai banale. Vera “fidanzata d’Italia”, magari perseguitata da gossip, perché le sue storie d’amore e i relativi bisticci l’accompagnano, ma senza distrarla dai suoi obiettivi sportivi. Quando è il momento, difficilmente delude.
Come il carpinate Gregorio Paltrinieri detto Greg, non ancora 25 anni, oro olimpico del 2016 a Rio, nei 1500sl. Pure lui, un palmarès notevole: tre ori ai Mondiali, cinque agli Europei. Gareggia negli 800 metri sl., territorio dell’amico-rivale Gabriele Detti, campione in carica. Gareggia qualche minuto prima di Federica, Greg. E domina. Detti è quinto. Ma non importa. In 24 ore l’Italia ha colto tre prestigiose medaglie d’oro. Il nuoto, dicono, è lo specchio di un sistema evoluto che abbina scuole, strutture e tecnici: l’Italia ora fronteggia colossi come Cina, Russia, Stati Uniti, Australia.
E non solo nuoto. Pochi giorni fa si sono conclusi in Svezia gli europei under 20 di atletica: l’Italia, con 5 ori, è seconda dietro la Gran Bretagna. La meglio gioventù di questi anni difficili bada ai risultati, non alla propaganda. Come ha fatto Matteo Trentin, primo ieri nella tappa di Gap al Tour, da uomo solo al comando. Con addosso la maglia di campione Ue. A dispetto di Salvini.