È stato firmato a cavallo di Ferragosto, entra in vigore il 22 ed è già stato definito un gran pasticcio: è il decreto firmato dal ministro dei Beni Culturali, Alberto Bonisoli, che in sintesi riorganizza i musei statali e introduce le “Direzioni territoriali delle reti museali” al posto dei precedenti “Poli museali regionali”. Nel complesso la riforma di Bonisoli fa diverse cose: aumenta i poteri del segretario generale, che dovrà coordinare le politiche dei prestiti all’estero, quelle del turismo e la comunicazione istituzionale. Accorpa poi la direzione generale Archeologia con la direzione generale Belle Arti e Paesaggio. Il direttore generale avrà competenza sui “provvedimenti di verifica o dichiarazione di interesse culturale”, adotterà le prescrizioni di tutela indiretta e le dichiarazioni di notevole interesse pubblico paesaggistico. Crea, inoltre, una direzione generale “Contratti e concessioni” che centralizza appalti e concessioni sia per la sede centrale sia per gli uffici periferici del ministero.
La riforma, poi, interviene sull’autonomia dei musei. Alcuni la perdono, altri nascono, molti vengono accorpati. Dieci nuove “direzioni territoriali delle reti museali” sostituiscono i poli museali regionali, e “assicurano sul territorio la fruizione e la valorizzazione dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura” si legge nel testo. L’elenco dei nuovi raggruppamenti è stato pubblicato, in questi giorni, in un decreto attuativo diffuso tra i tecnici del ministero e contiene, oltre alla riorganizzazione, anche la conferma di un elemento che era già stato introdotto da Franceschini, ovvero la promozione di Fondazioni private per la gestione del patrimonio culturale. Ma andiamo con ordine.
La novità più eclatante e anche più discussa riguarda forse il Cenacolo Vinciano a Milano, che passa ad esempio in gestione a Brera. E ancora, l’affidamento delle Gallerie dell’Accademia di Firenze agli Uffizi. Molte direzioni vengono poi accorpate tra loro, ad esempio Piemonte e Liguria, Lombardia e Veneto, Puglia e Basilicata con la conseguenza che un direttore dovrà occuparsi di realtà anche fisicamente molto lontane tra loro e con la conseguente incertezza sul ruolo dei singoli direttori oggi in servizio. In alcune regioni le direzioni territoriali non vengono istituite, come in Friuli, nelle Marche e nell’Umbria. I musei territoriali vengono affidati in questi casi a un museo a gestione autonoma. Un esempio: a Trieste, il Castello di Miramare dovrà occuparsi anche di tutti i musei friulani. A Perugia, per dire, il Museo Nazionale dell’Umbria, autonomo, si trasforma nei Musei Nazionali dell’Umbria e assume anche la gestione degli altri. Lo stesso accade nelle Marche. Il Museo Nazionale Etrusco di Roma perde invece la sua autonomia, il complesso di Villa Giulia diventa di nuovo autonomo ma come “rete”, i Musei Nazionali Etruschi). Nei giorni scorsi, il presidente dell’associazione Italia Nostra ha scritto una lettera aperta al ministro Bonisoli “in merito alla soppressione dell’autonomia, in particolare per il Parco Archeologico dell’Appia Antica e per il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, ambedue confluiti nella Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma”.
L’associazione chiede al ministro “di voler prevedere un periodo di tempo per l’attuazione di tali disposizioni” per “non arrecare danno grave al patrimonio culturale e all’azione di tutela”. Il timore è che in pochi giorni questi istituti dovranno provvedere all’azzeramento del bilancio, del protocollo, dei lavori e dei programmi in corso “compresi quelli relativi al semplice funzionamento e altri numerosissimi adempimenti dovranno essere conclusi entro il 21 agosto, data di decadenza degli istituti e dei relativi direttori”. E aggiunge: “Tali obblighi determinano fin da ora un assurdo stato di paralisi molto rischioso per la conservazione del patrimonio… e per la fruizione dei siti”. Un altro allarme arriva dal collettivo “Mi riconosci?”: “Con un decreto di Ferragosto, il ministero compie una serie di operazioni apparentemente inspiegabili” spiegano riferendosi agli accorpamenti ma anche ad un articolo del decreto che prevede che uno dei compiti della direzione generale musei sia quello di favorire la nascita di nuove fondazioni museali e che viene visto come un passo ulteriore verso la privatizzazione già iniziata con la riforma Franceschini. “Gli accorpamenti – spiegano gli attivisti – servono a far confluire tutto nella stessa fondazione. Può un governo dimissionario compiere un atto tanto importante per il futuro dei musei italiani?”.
La replica di Bonisoli
Questa riforma, che chiamerei sviluppo organizzativo, non sarà a somma zero: chiederemo 30 posizioni dirigenziali in più – spiega il ministro dei Beni culturali, Alberto Bonisoli – ed è solo uno step intermedio”
Verso cosa?
Un giorno i musei statali saranno tutti autonomi, accorpati in reti vaste e forti. Sarebbe ideale avessero un taglio tematico, come fatto con i musei etruschi. Non avendo però le posizioni dirigenziali necessarie, abbiamo dovuto procedere per gradi.
Che fine fanno gli attuali direttori?
I funzionari che gestiscono i musei restano dove sono. Non si fermerà nulla, non vedo perché dovrebbe. Al contrario, bisognerà accelerare: non ci sono abbastanza gare. Per questo abbiamo previsto una direzione apposita. Il personale capace di farlo è scarso, ci sono pochi amministratori. Servono almeno 5mila assunzioni.
Ribadite però la promozione delle fondazioni
Come faccio a realizzare – ad esempio – il museo Ginori, senza? È una possibilità per valorizzare il patrimonio, ma non implica volontà di aprire ai privati, anzi. Abbiamo anche abolito i Cda dei musei. Quando il direttore di Brera propose di affidare la gestione di Palazzo Citterio a una fondazione ho detto di no. Vogliamo solo un sistema museale efficiente e gli accorpamenti sono un primo passo.