Matteo Salvini ringrazia i volontari che nelle cucine del padiglione della Lega di Conselve (Padova) per la festa nella sagra paesana, preparano i pasti per 800 persone, divise su due turni: “Quelli del Pd – dice – devono andare nei campi profughi per trovare volontari”. Quindi, dal palco dove salirà dopo una accoglienza sulle note di Vincerò e un ingresso trionfale e interminabili battimani, chiude al centrodestra. “Voglio dare una risposta a Berlusconi. Noi non abbiamo bisogno di niente e di nessuno. Non siamo usciti da un’alleanza che non ci faceva fare le cose per entrare in un’altra che non ci fa fare le cose”. Ma la frase che più fa discutere in serata la pronuncerà più tardi il presidente della Regione Veneto Luca Zaia: “”Vi aspetto tutti in strada e pronti per la rivoluzione. Le piazze devono essere piene. Ci vediamo prima a Pontida e poi a Roma”.
Nessun dubbio tra il pubblico quando tutti salgono sul palco. Il convincimento è granitico. “Quanto pensate che possa durare un governo giallorosso?”, dice un fedelissimo, Amerigo Brunato, che ha prenotato la cena due settimane fa per essere sicuro di poter vedere da vicino Salvini. “E comunque la pagheranno – dice –, perché la Lega aumenterà i consensi”.
Striscioni con scritto “Salvini premier” troneggiano su una sala piena di tavoli e panche, tra camerieri che vanno e vengono per portare abbondanti primi piatti e vino. “Il Pd – dice a sua volta Giancarlo, pensionato –, non ce la farà mai con i pentastellati. Si sono detti cose brutte fino a pochi giorni fa, come faranno ora ad andare d’accordo? Dovremmo andare al voto: se lo facessimo vinciamo”.
La serata si accende, Zaia chiama il popolo leghista alla “rivolta” e poi, dopo l’immancabile video a uso social, la parola, tra gli applausi, al Capitano che subito attacca: “Me li vedo il Pd e i 5 Stelle al tavolo della commissione di inchiesta sui truffati delle banche”.
Ed ecco i temi cari. L’inchiesta di Bibbiano sui bambini dati illegalmente in affido, lo spauracchio di una nuova stagione di tasse sulla casa e sui risparmi. E naturalmente gli immigrati. “Non siamo né razzisti, né schifosi, né disumani – dice Salvini, interrotto continuamente dalle ovazioni –. Ma abbiamo affermato il principio che in Italia si arriva se si ha il permesso: qui c’è spazio per chi vuole lavorare non per chi spaccia e fa casino”. Si appella a Mattarella: “Restituisca il voto ai cittadini italiani”.
Ricorda le ragioni dello strappo con Di Maio e i 5Stellle: “Siamo usciti dall’alleanza perché non ci facevano fare le cose”. Sfida i magistrati: “Cercheranno di fermarci con qualche processo ma non ce la faranno, se cercano di farlo hanno trovato le persone sbagliate”. Fuori dal padiglione, intanto, tanta gente accaldata che lo invoca, che ne ripete il nome, che si scalda ancora di più quando il leader dice che l’accordo tra Pd e pentastellati “è solo una operazione di poltrone, si mettono insieme due che per dieci anni si sono insultati”, e che Giuseppe Conte, premier incaricato, è “l’avvocato della Merkel, dei poteri forti e del Pd”, un partito che “più perde le elezioni più vince poltrone”. Non ci sono lacerazioni. Non una perplessità. Un attimo di silenzio attraversa una platea che, tra pasta e polenta, continua ad acclamarlo come un trionfatore, e poi si mette in fila per un selfie insieme a lui (arrivato con la fidanzata, smentendo così le voci di una possibile liason di Francesca con il “tentatore” di Temptation Island).
“La Lega vincerà anche se qualche magistrato cercherà di metterci lo zampino”, dice convinto Amerigo Brunato. Che poi si alza in piedi, rosso in viso, accaldato, per applaudire Salvini quando quest’ultimo richiama l’onore, la dignità, la coerenza: “Che valgono più – dice -, di mille ministeri, di mille poltrone. Noi andiamo a testa alta. Vinceremo”.