Secondo il tenente colonnello Thomas Edward Lawrence, meglio conosciuto come Lawrence d’Arabia, “l’arte di governare richiede più carattere che intelligenza”. Noi, pur convinti che l’intelligenza non guasti mai, la pensiamo esattamente come lui. Per questo crediamo che, se vorrà restare a lungo al suo posto, nelle prossime settimane, il premier Giuseppe Conte dovrà tirare fuori gli attributi.
La situazione economica italiana ed europea non è buona. Di soldi veri per ridurre in maniera sensibile le tasse non ce ne sono. Tagliare il cuneo fiscale, ma solo per i redditi più bassi e a poco a poco, nel giro di tre anni, non servirà per mettersi al riparo dagli strali del centrodestra, degli imprenditori, soprattutto dei tanti lavoratori dipendenti del ceto medio esclusi dal taglio che però le imposte (troppe) le pagano fino all’ultimo euro. L’aumento degli sbarchi di migranti di questi giorni, se proseguirà a un ritmo simile, diventerà presto benzina sul fuoco della propaganda di Matteo Salvini.
Cosa fare allora per evitare che un governo nato impopolare lo diventi sempre di più? Noi pensiamo che vi sia una strada sola. Quella di approvare in fretta e bene tre o quattro leggi che diano ai cittadini il senso di una svolta: le manette per i grandi evasori, la riforma della giustizia confermando per il primo gennaio l’entrata in vigore dell’abolizione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio; il taglio dei parlamentari entro ottobre e un salario minimo orario sul modello di quello in vigore in Germania. Certo, sappiamo bene che si tratta di norme tutte targate 5Stelle. Ma è un fatto e non un’opinione che nel vago patto di governo votato dai giallorossi, di altre leggi bandiera in grado di far percepire agli elettori un qualche cambiamento, non ve ne sono. Perché il Partito democratico, in questi anni, non ha saputo elaborare nessuna proposta che dia l’idea immediata di un cambio di passo rispetto a quello che accadeva in Italia in passato.
Oltretutto lo scandaloso voto di mercoledì 18 settembre con il quale la Camera ha respinto non solo gli arresti di un deputato forzista accusato di finanziamento illecito, ma anche l’utilizzo delle sue intercettazioni ambientali captate grazie ai telefonini, dimostra che il Pd (e il nuovo partito di Renzi) hanno capito poco dei sentimenti dell’elettorato. Ma è proprio qui che deve emergere, se c’è, il carattere di Giuseppe Conte. La riforma della giustizia va approvata entro la fine dell’anno. È ovvio che le resistenze di Nicola Zingaretti (meno) e Matteo Renzi (di più) saranno molte. In tanti in questi giorni scrivono anzi che la nuova formazione dell’ex rottamatore darà filo da torcere proprio su questo tema arrivando persino a ricattare il governo. Può essere.
Noi, invece, pensiamo che Renzi sia semplicemente una tigre di cartone. Se l’esecutivo salta e si va a elezioni, chi ha da perdere di più è lui. Perché se la Lega vince non avrà voce in capitolo nella scelta del presidente della Repubblica nel 2022, non avrà più ministri, non avrà peso nelle nomine dei manager delle partecipate della prossima primavera. E vivrà con il timore di non riuscire alla fine a raggiungere la soglia di sbarramento del 3 per cento prevista dal Rosatellum. Per questo, nelle prossime settimane, Conte accanto alle buone maniere e alla disponibilità al dialogo dovrà dimostrare di essere in grado di mantenere il punto. Senza temere di utilizzare anche il voto di fiducia. Perché questo governo serve se cambia qualcosa. Se tutto resta uguale, meglio che vada a casa.