Caro Matteo Renzi, perché l’ha fatto? Dopo l’altro Matteo la domanda tocca inevitabilmente anche a lei: a quasi tre anni di distanza dalla sconfitta al referendum e dal suo clamoroso abbandono della politica – eh, ma quando c’è una promessa da mantenere, lei è una sicurezza – cosa l’ha spinta a ributtarsi anima e corpo nell’agone, lasciando il Pd e fondando un nuovo partito?
Ora che i popcorn e le passeggiate a Pontassieve le avevano fatto recuperare una forma smagliante, aveva riassaporato l’armonia famigliare con Agnese, i bimbi, i teneri nonni Tiziano e Lalla, aveva anche messo da parte qualche spicciolo con le conferenze all’estero e la tv – sia pure solo per una pizza la domenica –, perché riprecipitare nel tunnel delle telefonate e dei chili di troppo, delle interviste e dei ventriloqui, delle tv e degli hashtag su Twitter? Noi – non senza fatica e con una lunga e sofferta terapia a scalare – ci eravamo quasi fatti una ragione del suo #senzadime, ma niente: lei ha voluto stupirci ancora una volta, regalarci di nuovo il suo sguardo sul mondo e il suo know-how per far ripartire il Paese. Noi ci preoccupavamo per lei e lei per noi, per cui innanzitutto grazie di essere tornato!
Certo, poi ci sono i malpensanti – tanto quelli ci sono sempre – che trasformano la sua generosità in opportunismo, la sua filantropia in avidità, il suo spendersi in arroganza: lei è un brand e la riducono a un prend. Sono quelli che spiegano il suo strappo dal Pd come 1) una banale crisi di astinenza da visibilità; 2) una concreta fame di poltrone, viste le imminenti nomine in aziende pubbliche e partecipate; 3) una bramosia di condizionamento costante dell’azione di governo, a mo’ di ago della bilancia, con i suoi panda dentro e gli adepti fuori; infine 4) un trampolino di lancio per il suo nuovo partito, che vuole pescare tra i dem delusi dall’alleanza coi 5 Stelle e gli elettori di Forza Italia, in vista delle prossime politiche che lei vuole decidere nei tempi (staccando la spina a Conte) e nei modi (la sfida epocale tra lei e Salvini, senza né sinistre né, men che meno, grillini a intralciare l’inarrestabile corsa verso Palazzo Chigi). In fondo già adesso, col semplice addio e il lancio di Italia Viva, tutto il dibattito è stato polarizzato sullo scontro Renzi/Salvini, grazie ai tanti renziani “in sonno” nelle redazioni di stampa e tv.
Caro Renzi, ma che ne sanno ’sti gufi – che bello poter tornare al suo immaginifico armamentario, mai dimenticato – della sua attuale narrazione? Si aggrappassero pure ai fake del loro trito storytelling, tornassero pure alla loro ossessione antirenziana, che sta solo lì a dimostrare quanto lei sia ancora – e sempre – cruciale: stagliato al centro della scena politica! Che ne sanno i sondaggisti che la danno a un misero 4 per cento, nascondendo colpevolmente lo zero che l’affianca e che, dalle storiche Europee 2014 al Sì al referendum 2016, non l’ha mai abbandonata? Che ne sanno i telespettatori, che appena l’hanno vista da Giletti hanno cambiato su Salvini dalla D’Urso? E gli elettori Pd che, negli stessi sondaggi, sono contenti che lei se ne sia finalmente andato per la sua strada? Continuassero pure a mangiare gnocchi fritti alla Festa dell’Unità, lei può permettersi ben altro: Eataly, lo stellato Bottura, su su fino alle cene di Arcore.
Caro Renzi, nella sua infinita bontà li perdoni: non sanno quello che dicono (e qualcuno è già pronto a rimangiarselo).
Altro che Italia Viva: Viva Renzi! E pazienza per l’Italia.