L’intervista

Conte: “Una svolta: adesso il porto più vicino sarà pure Marsiglia”

Giuseppe Conte - Da New York, impegnato nel summit sul clima, il premier interviene sul vertice di Malta: “Finiti i litigi di 14 mesi, l’Italia ha avuto aperture impensabili”

24 Settembre 2019

Affacciato alla sala della sede della Rappresentanza italiana alle Nazione Unite, vede la Trump World Tower, il secondo dei grattacieli che il presidente americano ha costruito a gloria del suo impero. Il presidente Giuseppe Conte è in trasferta a New York per partecipare al summit sul Clima e all’Assemblea generale Onu. Sta studiando un “modo saggio” per incentivare le imprese ecosostenibili, senza penalizzare chi si occupa di settori meno compatibili con la sfida ambientale: “Non fatemi pesare di essere venuto in aereo”, replica sorridendo a chi gli ricorda la traversata oceanica della giovane Greta Thunberg.

Ma la sua testa, lunedì, è tutta rivolta al Mediterraneo e agli accordi che alcuni dei principali ministri dell’Interno europei hanno avviato a Malta. Una “svolta storica” per Conte, che guarda con soddisfazione al nuovo corso. Quello, per intenderci, in cui sono finiti “gli atteggiamenti inutilmente litigiosi” che nei quattordici mesi del suo primo governo non hanno prodotto alcun risultato.

Cosa è cambiato rispetto al passato?
La prima premessa da fare è che c’è la massima determinazione a evitare che questo accordo possa avere un pull factor, ovvero incentivare nuovi sbarchi. Ma a Malta abbiamo ottenuto aperture finora impensabili, che per la prima volta possono davvero farci dire che ‘chi sbarca in Italia, sbarca in Europa’: la prima è che il meccanismo che stiamo per avviare inquadra tutti i migranti come richiedenti asilo, senza distinzione in base ai Paesi di provenienza. L’altra è che il ‘porto sicuro’ non è più necessariamente quello più vicino: si apre alla prospettiva, sempre su base volontaria, che possano essere individuati porti alternativi.

Significa che i migranti potranno arrivare, per esempio, anche a Marsiglia?
Non voglio entrare nei dettagli, dico che abbiamo ricevuto dai Paesi che hanno partecipato al vertice grande disponibilità a condividere integralmente gli effetti di questo accordo. Preciso anche che si tratta di un testo aperto anche a tutti gli altri Paesi dell’Unione europea che ieri non erano a Malta. Chi non aderirà dovrà certamente essere penalizzato sul piano delle conseguenze, stiamo ancora riflettendo come. Ma non solo: Ursula von der Leyen mi ha confermato che la nuova Commissione è intenzionata a investire sulla cooperazione con i Paesi di origine e di transito. E tre giorni fa, nel mio colloquio con il presidente libico Serraj, abbiamo rinnovato il nostro impegno a contribuire alla capacity building della loro Guardia Costiera. Inoltre, a Malta, si sono gettate le basi per una nuova disciplina dei rimpatri, che individua in quattro settimane il periodo ragionevole in cui vanno completate l’identificazione dei migranti, la valutazione della loro richiesta di asilo e l’eventuale rimpatrio. C’è piena consapevolezza, anche qui, che debba essere gestito dall’Unione europea, presto ci saranno novità.

Resta il dramma dei centri di detenzione in Libia. Come pensate di affrontarlo?
Sono qui all’Onu anche per questo: chiederò al Segretario generale delle Nazioni Unite Guterres di potenziare l’intervento Onu per aumentare gli investimenti necessari a garantire condizioni di vita decorose.

In questa nuova cornice internazionale cambierà l’atteggiamento del governo nei confronti delle Ong che salvano vite in mare o resterà il pugno duro previsto dai decreti Sicurezza?
La difesa dei nostri confini territoriali resta una nostra priorità, non dobbiamo rinunciare al diritto di regolare gli ingressi nel nostro Paese e a combattere l’immigrazione clandestina. I decreti Sicurezza restano in vigore, non li dismettiamo: nell’accordo di governo con il Partito democratico abbiamo solo concordato di recepire i rilievi del presidente della Repubblica. Da parte nostra resterà la massima attenzione ai comportamenti delle navi che effettuano operazioni di search and rescue: non saranno tollerati comportamenti anomali, come quello di spegnere il transponder per oscurare la loro posizione nelle acque internazionali. Dobbiamo pretendere da loro comportamenti trasparenti e massimamente corretti.

Significa che potranno ripetersi casi come quello di Carola Rackete?
Non mi piace parlare di casi singoli. Certamente chi sperona una motovedetta della Guardia Costiera dovrà sempre risponderne di fronte allo Stato, vale per qualsiasi cittadino italiano: non possiamo, per il clamore mediatico, creare un trattamento di favore per un cittadino straniero.

Le navi delle Ong resteranno ancora per giorni nelle acque del Mediterraneo senza autorizzazione allo sbarco?
Dissuaderemo qualsiasi intervento non corretto. Il salvataggio in mare non è delegato alle Ong. Conserveremo un atteggiamento rigoroso, ma il rigore si può applicare subito e non dopo un mese.

È quello che ha fatto il ministro Salvini nei suoi quattordici mesi al Viminale.
Il vertice di ieri a Malta ci insegna che gli atteggiamenti inutilmente litigiosi, sterilmente oppositivi e puramente provocatori fanno contenta l’opinione pubblica italiana, ma spesso non portano nessun risultato concreto.

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