Quando in una comunità, con la complicità del sistema mediatico, si diffondono la paura e l’insicurezza è inutile pensare che parlino i fatti, come i centinaia di morti in mare o le donne e i bambini in condizioni estreme. Non sempre i fatti parlano da soli, letti come sono secondo codici non sempre coerenti con la verità degli eventi. E in un contesto come quello attuale le letture aberranti sono frequenti: succede allora che la capitana Carola che salva i naufraghi, che è un fatto, viene visto come l’azione, forse anche un po’ arrogante, di una giovane tedesca di buona famiglia che invece di portare i migranti nel suo Paese li mette a carico del nostro.
Dico questo perché solo così si possono spiegare i risultati scioccanti di un sondaggio Demos di qualche settimana fa che mi pare nessuno ha avuto il coraggio di commentare a fondo. Dati che dicono che tra gli elettori 5stelle alla domanda ‘stai con Carola o con Salvini?’ solo un quarto risponde di stare con la Capitana (gli altri o non si schierano o, la maggior parte, stanno con Salvini), mentre tra quelli del Pd non solo un 10% si schiera con Salvini, ma ce n’è un 60 che non si schiera né con l’uno e né con l’altra. Il che significa che solo una minoranza degli elettori Pd e 5stelle sono dalla parte di Carola, mentre la stragrande maggioranza o sta con il Capitone o non prende posizione.
Numeri che illuminano sul senso comune che ha spinto nei sondaggi Salvini, proprio nei giorni della crisi migratoria, ai massimi storici nonostante gli errori politici, il caso Siri, i comportamenti intimidatori e le non poche ombre morali. Occorre allora fare una considerazione. Per giocarsi fino in fondo la sfida del consenso occorre impegnare terreni altri di scontro politico, diversi e lontani da quelli securitari. Cambiare spartito (non partito). Se la sinistra e il M5S ora alleati continueranno a farsi dettare l’agenda dal capo della Lega la sconfitta è certa. Migranti e sicurezza non possono restare perennemente al centro del dibattito. In questo senso, purtroppo, sono politicamente inutili, o controproducenti, tutti quei nobili gesti che in passato alcuni dirigenti della sinistra hanno messo in atto sul tema immigrazione, e lo erano perché pur altamente ispirati non facevano che mettere di più a fuoco nei media le questioni care alla propaganda salviniana. Per sgonfiare i consensi alla Lega occorre prima di tutto uscire dal frame di paure quotidiano che il suo leader perversamente alimenta, ribaltando magari il tavolo del confronto. Come insegnava Lakoff è profondamente errato assecondare il frame narrativo dell’avversario: bisogna imporre un’altra “cornice” o almeno provarci. Rispondere colpo su colpo sui migranti non basta se non si muta l’agenda. Che fare allora?
Quella delle fabbriche che chiudono, che delocalizzano, che licenziano, ad esempio, è una questione che tocca migliaia e migliaia di famiglie, milioni di persone; sanità, mezzogiorno, evasione fiscale sono temi altrettanto caldi e sentiti. Occorre, se si vuole vincere, da un lato sminare la questione migranti e dall’altro sovrapporvi altro con una iniziativa persistente che sposti l’asse della discussione pubblica. Non mancano al Pd ma soprattutto ai Cinquestelle le risorse comunicative e social per fare di ogni maledetto giorno un giorno utile a rappresentare nell’arena mediatica il tema del lavoro che non c’è o del sud che muore o della sanità che arretra. Per vincere la guerra della comunicazione, oggi così essenziale in politica, la provocazione (“Provocare per vincere”, scriveva Eco su MicroMega nel lontano 2003) è un’arma irrinunciabile. Provocare, ripetere, ribaltare il tavolo, mutare scenario: è evidente che la sinistra e i suoi alleati avranno qualche chance di risalire nei consensi e riprendersi il paese solo se sapranno sostituire il frame che incornicia il dibattito odierno con uno proprio, evitando di subire, o involontariamente assecondare, quello degli avversari.