Sulla prescrizione si litiga ancora. Il senatore Pietro Grasso non nasconde un certo fastidio: “Bonafede – spiega – ha detto più volte che la crisi dei gialloverdi è nata dal veto della Lega sulla riforma della giustizia. Ecco, sembra quasi che la nuova maggioranza voglia ricalcare la linea di Salvini e compagni”.
LeU è la sola a sostenere Bonafede sulla prescrizione.
Io chiedevo il blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado già quando ero magistrato. È una questione di coerenza personale. Le dico di più: era nel programma del Pd nel 2013. E lo stesso Andrea Orlando, quando presiedeva il Forum Giustizia, era perfettamente d’accordo con questo principio, come è ben documentato nei lavori del forum.
Cosa è cambiato da allora per Orlando e compagni?
Probabilmente vuole difendere la riforma che ha fatto approvare da ministro nella passata legislatura, che ha stabilito il congelamento della prescrizione per 18 mesi. È stata una mediazione politica al ribasso: in quella maggioranza c’era Alfano… Il risultato è che sono stati allungati i tempi della prescrizione senza minimamente accorciare quelli dei processi. Che è invece l’obiettivo della legge di cui discutiamo ora.
Cosa risponde a chi sostiene – come gli avvocati penalisti – che il blocco della prescrizione produrrà il “fine processo mai”?
La norma sulla prescrizione serve a stabilire un punto fermo da cui partire per intervenire sull’intero sistema processuale. L’obiettivo di fondo è far arrivare meno procedimenti possibili al dibattimento. La sfida è migliorare l’efficienza del sistema, riuscendo a preservare le garanzie della difesa. Oggi il 75% dei processi si prescrive prima del primo grado. Bisogna lavorare sui “colli di bottiglia” che generano gli arretrati.
Renzi vorrebbe “salvare” la prescrizione per chi è assolto in primo grado.
Per la Costituzione la presunzione di innocenza resta tale fino alla sentenza definitiva. E questo vale tanto per l’innocente quanto per il colpevole: non ci può essere una distinzione in questo senso.
Bonafede ha dichiarato che con la sua riforma l’80% dei processi penali saranno chiusi in 4 anni. Somiglia un po’ a Di Maio che abolisce la povertà, non trova?
(Sorride) La riforma Bonafede prevede i seguenti termini: due anni per il primo grado, un anno per l’appello e un anno per la Cassazione. Alle attuali condizioni del processo, è un obiettivo totalmente utopico. Se si facessero tutti gli interventi giusti, forse si potrebbe arrivare a rispettare i termini della legge Pinto: quattro anni per il primo grado e un anno a testa per appello e Cassazione. Sei anni in tutto. Non bisogna porre obiettivi irraggiungibili, altrimenti poi si viene accusati di non mantenere le promesse.
È giusta l’azione disciplinare per i “negligenti”?
Non è solo un problema di negligenza: bisogna aumentare le risorse, migliorare l’organizzazione, guardare al numero e alla complessità dei casi assegnati. Io in tre anni da giudice del maxi processo su Cosa Nostra ho fatto solo quel processo… sarei stato passibile di azione disciplinare? Certo, i negligenti vanno puniti, ma la sanzione va ancorata a principi obiettivi.
C’è polemica anche sul sorteggio dei giudici del Csm.
Credo che quella norma rischi di essere incostituzionale, senza nemmeno risolvere il problema delle correnti nel consiglio.
E come si risolve?
In Italia ci sono 145 Tribunali. La mia proposta è creare 150 piccoli collegi basati sul numero di magistrati, sulla continuità territoriale e tenendo conto dei tribunali più grandi. Così i magistrati, conoscendo i colleghi, possano scegliere sulla base della stima e del merito. Tra i delegati si passa ad un’elezione di secondo livello: il Ministero disegna un numero di circoscrizioni – sugli stessi criteri – pari ai togati da eleggere al Csm. I delegati votano al proprio interno, dapprima con maggioranza qualificata poi con eventuale ballottaggio, il rappresentante al Csm. In questo modo è difficile immaginare accordi correntizi. Approssimando molto, la sintesi è “ogni tribunale un delegato, ogni dieci delegati un membro del Csm”.
Com’è il bilancio delle prime settimane di governo?
In chiaroscuro. Sullo ius culturae si fischietta, sui decreti Sicurezza si tace, Quota 100 si conferma, sul blocco della prescrizione si protesta: dov’è la discontinuità? Portare avanti l’agenda Salvini mentre lui fa opposizione e dover rispondere ogni giorno alle provocazioni di pezzi della maggioranza è un massacro. Servono più coraggio e più forza.