Non occorreva certo un genio della comunicazione per capire che a Matteo Salvini non conveniva affatto accettare la sfida tv di Matteo Renzi. Che infatti è apparso scenicamente più vispo, e più efficace nell’arte dialettica del cazzeggio, della battutaccia, del dire tutto senza dire niente. E allora perché mai Salvini si è sottoposto a un confronto che in termini di voti non sposta nulla, e perdipiù contro un avversario che, stando ai sondaggi, conta dieci volte meno di lui? Bisogno di visibilità? Ma se entrambi bivaccano negli studi televisivi. Un altro mojito di troppo? O forse semplicemente perché all’ex Capitano interessa dare tutta la corda possibile all’ex statista di Rignano, nella speranza che un giorno Giuseppe Conte e Luigi Di Maio ci s’impicchino?
Infatti, da Italia Viva, cavallino di Troia nel campo giallorosso, potrebbero scaturire cavoli amari già dalle elezioni in Umbria di domenica 27 ottobre, nel caso il centrodestra dovesse vincere ai danni dell’inedita alleanza Pd-M5S. Un’evenienza che soltanto tre mesi fa, con la vecchia maggioranza gialloverde, sarebbe apparsa come la naturale conseguenza dell’irresistibile avanzata salvinista, dopo i blitz in Abruzzo, Basilicata, Sardegna e Piemonte.
In quel caso, il capo leghista avrebbe sicuramente evitato di infierire sull’alleato di governo, e i grillini se ne sarebbero fatta una (altra) ragione. Oggi, invece, con uno scenario completamente mutato, l’Umbria alle destre (dopo mezzo secolo di dominio incontrastato della sinistra) per Salvini potrebbe significare la prima sonora rivincita sul Conte due. Ma soprattutto una formidabile grancassa mediatica, un successo da propagandare come la risposta degli italiani ai voltagabbana affamati di poltrone, eccetera. Mentre per i renziani un’eventuale sconfitta del candidato giallorosso sarebbe una ghiotta occasione per mettere sulla graticola il Pd di Nicola Zingaretti, oltre che naturalmente il premier Conte.
Se non è un’altra battaglia del Trasimeno, poco ci manca. Senza contare che un rovescio del centrosinistra a Perugia e dintorni potrebbe mettere subito in crisi il progetto di uno stabile patto elettorale giallorosso, avanzato giorni fa dal segretario del Pd. Ipotesi che già in Emilia Romagna e Calabria, dove si vota l’anno prossimo, già vacilla di suo.
Insomma, l’unica speranza di elezioni anticipate che resta a Salvini è legata alla possibilità che l’attuale maggioranza si trasformi presto in un rissoso campo di Agramante. E anche se Renzi ha bisogno di tempo per radicare il suo partitino, nel suo ruolo di guastafeste di governo si sta dando già da fare. Il personaggio, per la sua smania di mettersi in mezzo e di fare casino, ricorda una storiella della provincia italiana, riesumata anni fa da Eugenio Scalfari dal titolo: il birillo rosso del biliardo di Foligno. Un apologo secondo il quale il Mediterraneo è il centro del pianeta, l’Italia è il centro del Mediterraneo, Foligno è il centro d’Italia (guarda caso in Umbria), un certo bar è il centro di Foligno e di conseguenza il birillo rosso del biliardo di quel bar è esattamente il centro del mondo.
Storiella applicabile al comportamento di certi personaggi politici, i quali prosperano nell’incertezza e nella confusione e si propongono, investiti da raffiche di egocentrismo, come punto di aggregazione delle nuove forze che dovrebbero guidare il Paese. Oggi, quel birillo rosso vi ricorda qualcuno?