Pubblichiamo un’anticipazione del libro di Andrea Scanzi “Il cazzaro verde. Ritratto scorretto di Matteo Salvini”. In edicola e libreria da oggi per PaperFirst.
Ragù. Sarebbe disonesto negare le qualità di Salvini. Ne ha tante, altrimenti non avrebbe preso un partito moribondo per poi portarlo in sei anni ben oltre il 30 per cento. Lo ha fatto con una meticolosa operazione di politica sul territorio, mescolandosi alla gente comune – mentre il Pd renziano si trincerava nei salotti pariolini – e facendo quello che una volta faceva la Sinistra. Ha dato la percezione di essere “uno di noi” (cioè di loro). Ha poi sfruttato innegabili qualità mediatiche (in tivù è uno dei più bravi, forse il più bravo). E si è intestato battaglie sacrosante, su tutte quella contro la legge Fornero.
Salvini ha poi sfruttato i social. Lo ha fatto aiutato da un team di nerd denominato con sobrietà “La Bestia”, insistendo sull’idea dell’uomo comune che pur stando nella stanza dei bottoni non si dimentica le origini e resta coi piedi piantati a terra. Per creare questa immedesimazione con i fan (fan: non elettori), Capitan Reflusso adora mostrarsi spesso al suo peggio. Del resto pare venirgli naturale. Da una parte fa lo strafottente (il nemico esposto alla pubblica gogna, i “bacioni”), dall’altra esibisce tutta (oddio: per fortuna quasi tutta) la sua corporalità. Sovrappeso, stempiato, gonfio, la barba sempre più bianca. Le occhiaie di chi lavora tanto. Il sudore di chi sgobba. Le facce arrapate di fronte alle belle ragazze del Papeete. Qualche post animalista (i gatti, i cani) e ambientalista (l’orto, le piante). I tweet mentre guarda il Grande Fratello o Sanremo. E poi – e soprattutto – il cibo. Salvini mangia sempre (e si vede). Lo fa perché gli piace e perché, volendo parlare alla pancia, la pancia deve anche mangiare. Tanto mangiare.
Ecco allora la sequela interessantissima dei post in cui mangia la mozzarella, i babà e il pane e la Nutella. Salvini si mostra affamato e goloso perché sono difetti condivisi dalla stragrande maggioranza degli italiani. Se i giuggioloni che gli curano i social gli dicessero che la Rete ama il brodo di topi morti con una spolveratina di sterco grattugiato sopra per dare una allure di nouvelle cuisine, state pur certi che posterebbe una foto mentre con sguardo libidinoso trangugia quel brodo.
Tra i mille post che potrei scegliere, il mio preferito è quello del ragù. Verso la fine del 2018, Jabba The Polenta ha avuto il coraggio di postare una foto raffigurante (in via teorica) un piatto di pasta. La dose era per sedici persone e l’impiattamento così brutto che Joe Bastianich lo avrebbe spedito per direttissima a Guantanamo. Era un piatto di pasta al ragù. E tu dici: “Dài, ma almeno il ragù sarà stato fatto in casa”. Magari un bel ragù della mamma, della zia, della cugina. Di un’amica. No: era ragù Star, come lui stesso ci teneva a sottolineare nella didascalia. Il ragù Star. Una roba che – con tutto il rispetto – non sentivamo nominare dai tempi del governo Tambroni. Salvini era e resta bravissimo a incarnare il meglio del peggio degli italiani. Come Mussolini. Come Craxi. Come (peggio di) Berlusconi. Come (meglio di) Renzi. Eccetera.
Auguri. E buon ragù a tutti.
Fumo negli occhi. A ridosso delle elezioni europee 2019 e dunque nella metà di maggio, Matteo Salvini si impegna (parola grossa) in due operazioni campali. La prima è la lotta senza quartiere ai negozi di cannabis legale. Una grande urgenza del Paese, di cui Capitan Reflusso parla – ma guarda un po’ – nel bel mezzo dello scandalo Siri-Arata-eolico. Le parole di Salvini risuonano come un peto timido in un ascensore bloccato: “La droga è un’emergenza nazionale: da domani darò istruzioni agli uomini della sicurezza per andare a controllare uno per uno i presunti negozi turistici di cannabis, luoghi di diseducazione di massa. Vanno sigillati uno per uno. Saranno proibite e vietate anche tutte le cosiddette feste e sagre della cannabis, siamo contro ogni sperimentazione e regolamentazione della cannabis”. Il Cazzaro Verde, ovviamente, ignora tutti i benefici che il rilancio del settore della canapa industriale (dal tessile all’energetico, dall’alimentare alla bioedilizia) porterebbe in termini economici e di tutela dell’ambiente. E ignora pure molte altre cose, compreso quel che lui stesso diceva nel 1998 al giornale Il Sole delle Alpi e che Stefano Cagelli ha recuperato su Linkiesta: “Noi ci rapportiamo alle tematiche classiche della Sinistra, dalla forte presenza statale alla liberalizzazione delle droghe leggere”.
La coerenza è davvero uno dei suoi forti.
Sempre in quei giorni prossimi alla sua apoteosi nelle urne, Salvini rilancia l’appassionante “VinciSalvini”. Funziona così: ci si iscrive alla sua pagina e, se si è i più veloci a mettere i like a raffica sopra ogni post del Capitano, si vince una telefonata di Salvini stesso. Meglio drogarsi, forse.