Il Senato si è commosso di fronte a una storia tanto triste. E così ha accordato a Roberto Formigoni una pensione sociale da circa 700 euro perché il rischio è che non abbia di che sfamarsi. E a breve Palazzo Madama potrebbe pure restituirgli il vitalizio che gli ha congelato appena lo scorso 1 agosto, dopo che la sua sentenza di condanna per corruzione è diventata definitiva. A febbraio, infatti, la Cassazione aveva confermato il “gravissimo sistema illecito di storno di denari pubblici a fini privati” alla base del processo sulla mala gestio del sistema sanitario di Regione Lombardia. In cui l’ex governatore è stato riconosciuto colpevole di aver asservito la sua funzione agli interessi economici della Fondazione Maugeri e del San Raffaele. Che grazie ai suoi “santi” uffici avevano ricevuto per anni un fiume di finanziamenti pubblici grazie a delibere regionali adottate contro la legge. Ovviamente a fronte di vantaggi ingenti: secondo i giudici Formigoni è stato ricompensato con denaro, favori, sconti, ma pure viaggi, vacanze, benefit di ogni genere, oltre che il finanziamento di spese elettorali.
Ora però “il Celeste” dice di passarsela malissimo. Anzi di più, come hanno sottolineato i suoi agguerritissimi legali alla Commissione contenziosa del Senato presieduta dal forzista Giacomo Caliendo. Che ha accolto immediatamente la sua richiesta. E del resto come resistere a certi argomenti? “Roberto Formigoni ha dedicato l’intera propria esistenza alle Istituzioni, con 18 anni di impegno presso la regione Lombardia e 16 anni presso il Parlamento europeo, la Camera e il Senato”, hanno scritto i suoi avvocati nel ricorso in cui chiedono la restituzione del vitalizio da 7.709, 28 euro lordi al mese, ridotti a “soli” 3.385,14 da gennaio per effetto del ricalcolo contributivo degli assegni di tutti gli ex senatori. Ma per Formigoni sembra questione di vita o di morte. E di portafogli. Perché ha 72 anni e è ai domiciliari. E quindi la revoca del vitalizio è una vera ingiustizia: “È stato privato – sostengono – anche di un reddito minimo che assicuri la sua stessa sopravvivenza”. Dopo la conferma della condanna in Cassazione i magistrati gli hanno pignorato tutto. O almeno tutto quello che hanno trovato: sul suo capo pende infatti una richiesta da 47 milioni di euro da parte della Corte dei Conti della Lombardia. Ma almeno sui depositi bancari non hanno scovato granché. Gli sono stati sequestrati invece altri beni compreso il vitalizio che gli corrispondeva la Regione. Quando il Senato ha smesso di erogargli l’assegno da ex senatore si è dunque visto perso. Ma non vinto. Ha chiesto indietro l’assegno ma ha pure chiesto i danni per l’ingiustizia che Palazzo Madama gli avrebbe inflitto lasciandolo a secco e senza nemmeno “premurarsi di verificare le reali condizioni in cui versava e versa attualmente”. Argomenti che hanno fatto breccia.
In un clima non facile. Perché in questi giorni la Commissione Caliendo è stata al centro delle polemiche dopo che è venuto fuori, grazie alle rivelazioni del Fatto Quotidiano, un micidiale intreccio di rapporti tra Nitto Palma, il capo di gabinetto della presidente del Senato Casellati e due membri della Commissione da lei nominati nell’organismo. Ebbene nella seduta in cui si è dovuto prendere atto delle dimissioni della senatrice pentastellata Elvira Evangelista che ha così preso le distanze dall’organismo, la Commissione che fa? Ha integrato il collegio con un sostituto in modo che si potesse intanto accogliere l’istanza cautelare proprio dell’ex governatore lombardo. In attesa di sapere se gli ridaranno il vitalizio vero e proprio su cui Formigoni è pronto ad arrivare fino alla Consulta.
Perché ritiene che siano stati violati una manciata e più di articoli della Costituzione con la decisione che gli ha sottratto l’assegno. E lui non se lo merita proprio. Perché, come hanno scritto i suoi avvocati, le sue iniziative politiche istituzionali e legislative non si contano e “hanno intensamente ritmato la sua attività pubblica. La quale, a buon diritto va considerata caratterizzata da un reale tasso di innovatività dando altresì vita a modelli di governo della res publica di avanguardia ed eccellenza nell’intero panorama occidentale”. Amen.